“Il viaggiatore delle cose perdute: Macchia il viaggio della pace”
“Il viaggiatore delle cose perdute: Macchia il viaggio della pace”
Manfredonia – CI si incamminava per la strada che portava a Macchia nel primo pomeriggio: tutti in gruppo, sulla strada che portava alla piccola Cappella della Madonna della Libera (la maggior parte dei fedeli venivano chiamati i devoti della domenica della Pace).
Era il ’76.
Mentre gli snob del paese si recavano non so dove, i sipontini che più tenevano alla tradizione andavano in visita di devozione per la Madre Vergine della Libera, la cui cappellina si trovava e si trova tutt’ora sul lato sinistro della statale per Macchia (esattamente di fronte all’ex Anic che era appena nata).
Di mattino molto presto l’addetto apriva il cancelletto e la piccola chiesa, il parroco di turno iniziava a dire messa; al di là della strada di terra bianca vi erano delle bancarelle che venivano dal Barese e dal Foggiano. Erano per lo più venditori di “noccioline americane”, torroni, zucchero filato, roba da mangiare di vario genere, ma anche pentole e piatti.
Il contrasto col grande mostro – l’Anic – che si osservava frontalmente era spaventoso quando calava la sera. Quella grande città piena di luci che illuminava le ciminiere di fumo bianco guardava minacciosa e pronta a divorare l’altra città che era Manfredonia ferma ai suoi piedi.
La domenica della Pace della Madonna di Macchia sparì come tradizione intorno agli anni novanta, lo ricordo perché un anno in cui arrivai in ferie dalla Toscana per le vacanze pasquali (e non sempre succedeva).Tutto ora è rimasto impresso nella mia mente di viaggiatore delle cose perdute.
di Claudio Castriotta