Storia

Ecco i rifugi antiaerei a Manfredonia durante la Seconda Guerra Mondiale

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Ecco i rifugi antiaerei a Manfredonia durante la Seconda Guerra Mondiale

In attesa della Giornata della Memoria, vorrei condurvi in un viaggio immaginario attraverso la Manfredonia di circa 80 anni fa, quando la minaccia dei bombardamenti durante la seconda guerra mondiale teneva la popolazione in uno stato di allerta costante.

Nel 1943, il Podestà di allora, il Dott. Cav. Melucco Pasquale, seguendo le direttive nazionali e le indicazioni del Prefetto di Foggia, adattò sette locali nel cuore di Manfredonia a rifugi antiaerei. Oggi, dunque, vi invito a scoprire come attuali negozi, ristoranti e uffici celino affascinanti segreti del passato.

I sette rifugi si trovavano in luoghi strategici, facilmente accessibili ed erano dotati di locali interrati, pronti ad ospitare la popolazione in caso di attacchi aerei imminenti. Piazza della Rivoluzione n. 12, l’attuale Piazza del Popolo, custodiva uno di questi rifugi antiaerei, di proprietà del Comune; Corso Manfredi n. 165, oggi sede di un’agenzia immobiliare, e Corso Manfredi n. 227, accanto alla Farmacia Murgo, erano altri due punti cruciali di rifugio; Lungomare Postiglione n. 17, oggi Lungomare Nazario Sauro, attuale sede di un ristorante; Piazza Cessa n. 9 (probabilmente accanto alla Torre dell’Astrologo, conosciuta anche per i suoi cunicoli sotterranei); Cortile Colombo n. 3 e Via Palatella n. 29 erano altrettanti luoghi dove la popolazione cercava rifugio.

La storia di quei giorni concitati diventa più tangibile quando immaginiamo i cittadini di Manfredonia rifugiarsi in quei luoghi al suono della sirena antiaerea, che nel 1943 venne spostata dal Podestà da una torre del castello, dove era stata posizionata durante la prima guerra mondiale, in cima all’edificio della chiesa di San Benedetto, dov’è visibile ancora oggi.

Immaginiamo il suono acuto della sirena, tagliente come una lama nel silenzio cittadino. In quei momenti, la normalità si dissolveva e la fretta di passi ansiosi risuonava nelle strade nell’urgenza di trovare rifugio.

Entrare in uno di quei locali, oggi trasformati in luoghi di quotidianità, significa fare un tuffo nel passato, percepire l’eco delle voci preoccupate dei nostri nonni che cercavano conforto.

Le pareti che ora racchiudono negozi, uffici o scantinati abbandonati, erano allora il confine tra la vita e la morte. E oggi, quei rifugi, apparentemente nascosti dietro la modernità, ci ricordano l’importanza di non dimenticare. Che le voci dei nostri avi, ansiose di sopravvivenza, ci guidino verso una consapevolezza profonda del valore della pace e della comprensione. Solo così, mantenendo viva la memoria, possiamo sperare di costruire un domani migliore, libero dalle ombre del passato.

Maria Teresa Valente

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Redazione

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