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Cento anni fa nasceva Don Milani: una vita per i poveri e per la scuola

Cento anni fa, a Firenze, nasceva Lorenzo Milani. Il parroco più divisivo della storia del Novecento nacque proprio a Firenze il 27 maggio 1923. A cento anni dalla sua nascita è ancora intatta la sua lezione. La sua figura è legata all’esperienza didattica così radicale e rivoluzionaria attuata nella periferica e isolata Barbiana. Per Milani fare scuola significava dare le parole ai poveri, l’unico modo per tentare l’emancipazione, per non sottostare alla forza dei potenti e, infine, per trovare Dio. 

In questo centenario, dopo la visita di Papa Francesco a Barbiana nel 2017, ci saranno molte iniziative per ricordare questa storica figura del Novecento. Il comitato organizzatore del centenario, presieduto da Rosy Bindi, questa mattina organizzerà un momento di ricordo in cui interverrà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente della Cei il Cardinale Matteo Zuppi. 

Per la Bindi anche dopo cent’anni l’insegnamento di Don Milani è rivoluzionario. “Per la mia generazione don Milani è stato un colpo al cuore sul piano ecclesiale e civile, un maestro qualificante della nostra formazione e delle nostre scelte di vita. Rileggerlo dopo tante esperienze personali ha reso, ai miei occhi, il suo messaggio ancora più attuale e profetico, capace, con la sua radicalità, di interpellare anche i ragazzi di oggiSoprattutto su un punto: don Milani ha saputo coniugare l’obbedienza vera alla Chiesa, dimostrata in concreto accentando anche qualche ferita, con la capacità di rimanere coerente sulla necessità che la Chiesa stessa sia più fedele al Vangelo. Obbedientissimo e scomodissimo”, ha spiegato al quotidiano l’Avvenire.

L’amore per i poveri, la voglia di giustizia, di uguaglianza e di istruzione per tutti fanno di Don Milani un manifesto politico ancora urgente per la nostra società. Una grande sete di giustizia, che ha tradotto in una visione politica riassunta nel motto, l’“I care” opposta al “Me ne frego”. Il suo non era soltanto un gesto isolato di carità. Credeva nella forza liberante della Parola, istruzione e cultura erano fattori di uguaglianza e giustizia. La crisi della scuola non è solo crisi dell’istituzione, ma anche delle famiglie che non ritengono prioritarie per i loro figli “la cultura e la parola”. I nostri genitori si sono tolti il pane di bocca per farci studiare, oggi abbiamo tassi di dispersione espliciti e impliciti altissimi e il livello di laureati di Ungheria e Romania, non di Francia e Germania. Sono questioni attualissime”. 

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