31 anni fa moriva Paolo Borsellino. La figlia: “Resta traccia della sua onestà, del suo senso dello Stato”

31 anni fa, a Palermo, moriva il magistrato Paolo Borsellino. Il 19 luglio del 1992 si verificò, infatti, l’attentato mafioso che verrà ricordato negli anni come la Strage di Via D’Amelio. Il giudice, arrivato a casa della madre, fu colpito dal tritolo della Cosa nostra stragista. Con lui morirono anche i suoi angeli della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli e Walter Eddie Cosina.

La morte di Borsellino si rivelò una vera e propria fine annunciata. L’attentato nei suoi confronti, infatti, avvenne cinquantasette giorni dopo la strage di Capaci in cui morì il suo fidato collega Giovanni Falcone. Falcone e Borsellino, insieme, erano stati i protagonisti del pool antimafia di Palermo che aveva combattuto la mafia con il mitico maxi processo di Palermo, uno dei più grandi processi penali del mondo. 

Borsellino, fino all’ultimo suo giorno di vita, si è battuto per la giustizia, per la legalità e per la verità sulla morte del suo collega Falcone. La promozione della lotta per la legalità, soprattutto per i più giovani, è stato uno dei punti fissi del suo operato. Come ha ricordato tempo fa sua figlia, Fiammetta Borsellino, a RaiNews24: “A me piace ricordarlo non solo per le grandi doti di magistrato ma soprattutto per il contributo di educazione alla legalità dei più giovani. Resterà traccia della sua onestà, della sua dedizione al lavoro e del suo alto senso dello Stato. Restano poche persone che cercano di portare il suo esempio e quello di tantissime altre vittime di mafia nelle scuole e nella società civile evitando che si parli di loro solo nelle ricorrenze e poi ritorni l’oblio”. 

L’invito della figlia, per tutti coloro che vogliono ricordare e seguire l’insegnamento di suo padre, è quello di continuare a credere nelle parole del magistrato che sosteneva: “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”.