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Vent’anni di successi per “Chi l’ha visto”. Sciarelli: “Assorbo il dolore degli altri”

Federica Sciarelli, alla guida del suo “Chi l’ha visto”, è uno dei pochi volti storici di Rai3 a non andare via. Dopo l’uscita di Fabio Fazio, di Lucia Annunziata, Bianca Berlinguer e Massimo Gramellini, la giornalista al timone della trasmissione più vista del terzo canale resta al timone del mercoledì sera di Rai3. Il programma, in onda dal 1989, è uno dei più visti e, spesso, è riuscito a superare l’ammiraglia Rai1 nella lotta degli ascolti. 

“Chi l’ha visto”, che si occupa da sempre di scomparsi e dei principali fatti di sangue del nostro Paese, nel tempo si è trasformato da programma televisivo a comunità. “I nostri non sono semplici spettatori, lavorano con noi. Sono formidabili”, dichiara la Sciarelli in un’intervista esclusiva a Oggi. “Il dolore è pesante. Ma Chi l’ha visto per me è casa. E poi i direttori di rete, tutti, quando vedono i nostri risultati mi dicono: Sciarelli, non è che può restare un altro anno? Quando farò il 5% mi daranno un calcio”.

In tutti questi anni, il programma non ha raccontato solamente pagine tristi, ma ha illuminato questioni profonde del nostro Paese. “Non è solo la cronaca, noi raccontiamo il Paese. Quando trattavamo il caso di Benno Neumair, il ragazzo che ha ucciso i genitori a Bolzano, lanciai un appello: se avete figli problematici chiamateci. Lei non ha idea di quante telefonate abbiamo ricevuto, s’è scoperchiato un mondo di famiglie lasciate sole, di strutture psichiatriche che non ci sono. È cronaca, questa? È vita”.

Ma cos’è cambiato in questi lunghi anni di “Chi l’ha visto”? “Prima sparivano dieci italiani, ora scompaiono un italiano e nove stranieri. È diverso? No. Quando prepariamo le schede, dico ai miei: non scrivete che è romeno o filippino, mettete solo il nome. Cerchiamo di fare capire che siamo tutti fratelli, sennò non se ne esce”. 

Alla domanda come si può assorbire tutto il dolore che racconta, Sciarelli è netta: “Io sono la loro voce. È come se assorbissi il dolore e lo tirassi fuori in battaglia”. 

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