Se questa è umanità
Ci stringeremo forte e diventeremo più umani, scrivevano. Saremo tutti migliori, dicevano. Ma tra il dire e il fare, si sa, c’è di mezzo il mare. Ed è un mare di ipocrisia e cattiveria quello che ha travolto la oss di un centro di cura che, dopo aver rischiato la vita a causa del Covid, si è sentita emarginata quando ha cercato di rientrare al lavoro.
No, non dirò come si chiama né dove lavora, perché per questa donna è stato già deprimente trovarsi al centro delle invettive dei ‘cari’ colleghi, figuratevi se ora ha voglia di rischiare di essere divorata dal voyerismo perverso dei leoni da tastiera.
Eppure ciò che le è capitato è giusto che sia reso pubblico, perché chi ha lottato contro il Covid ed è stata strappata alla morte per un pelo, chi è stata salutata con un applauso da infermieri e medici che le sono stati accanto nelle ore più buie, chi ha atteso due mesi e due tamponi negativi per poter tornare a casa, non può essere umiliata soltanto perché dopo un lungo calvario ha deciso di riprendere a vivere… e a lavorare.
Nel gruppo WhatsApp creato dai colleghi appositamente per lei (ma senza di lei) si legge: “Popolo del covid a rapporto… vi informo che ci sarà una crociata prossima contro l’infedele… l’untrice che vuole tornare a lavoro, martedì pare che abbia la visita medica aziendale… vi esorto a informarvi e a interagire tramite questo gruppo affinché possiamo evitare, nel caso risulti abile al lavoro, che torni a impestare il mondo”. Parole di una durezza assurda, maturate in un contesto in cui dovrebbe essere bandita ogni forma di discriminazione.
E questo 2020 che doveva catapultarci in un mondo migliore per l’esperienza segnante ed incredibile vissuta, ci ha invece rigettati indietro nel tempo, riportandoci alle crociate contro l’infedele e ad una caccia alle streghe che ha il sapore della sconfitta. Sì, la sconfitta dell’umanità.
Saremo tutti migliori, dicevano…
di Maria Teresa Valente