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Scarpinato contro Meloni: “Borsellino non appartiene a Meloni. Lei ha scelto Berlusconi”

L’anniversario della Strage di Via D’Amelio, che colpì a morte il magistrato Paolo Borsellino e altri cinque uomini della sua scorta, da qualche giorno è accompagnato da alcune polemiche politiche. La premier Meloni, che oggi sarà a Palermo nella celebrazione istituzionale della mattanza del 19 luglio 1992, non parteciperà alla commemorazione pubblica (la fiaccolata) prevista nel pomeriggio per non alimentare polemiche e scontri. 

Sul fronte parlamentare, però, le polemiche si fanno sentire con molta forza. Il magistrato Roberto Scarpinato, che per una vita si è occupato di mafia e di stragi mafiose siciliane e oggi siede in Senato nei ranghi del MoVimento 5 Stelle, è molto netto sulla questione mafia. “La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha più volte ripetuto la propria ammirazione per Paolo Borsellino, dichiarando che la strage di Via D’Amelio è stato l’evento che l’ha indotta a iniziare la propria attività politica. Ma è evidente che cammin facendo ha lasciato la strada di Borsellino e ha scelto nuove figure guida”, spiega oggi Scarpinato a Repubblica Palermo

Per Scarpinato la narrazione di Meloni sulla sua storia non è del tutto compatibile con i valori di legalità e correttezza negati da alcune alleanze politiche. “Non è possibile affermare di ispirare la propria attenzione ai valori di legalità di Paolo Borsellino e poi dichiarare il lutto nazionale, con atto di imperio politico totalmente discrezionale, per la morte di Silvio Berlusconi, indicato come esempio da seguire e di virtù repubblicane. È stato l’antitesi vivente di tutti i valori ai quali Paolo ha dedicato la propria vita e per i quali l’ha sacrificata”. 

Dunque, il problema è ancora Berlusconi, nonostante la sua morte. “Berlusconi è un uomo che da imprenditore era entrato nell’orbita di interesse investigativo di Falcone e Borsellino per i suoi rapporti con mafiosi ed i suoi rapporti economici con Cosa Nostra. Con la mafia ha scelto di convivere a stretto intese, da politico l’ha portato dentro lo Stato, arruolando ai vertici delle istituzioni campioni nazionali della peggior borghesia mafiosa, referenti di Cosa Nostra, camorra e ndrangheta, tutti condannati per concorso esterno in associazione mafiosa”. 

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