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I referendum sulla giustizia sono i meno partecipati di sempre. L’analisi di Caiazza

Il voto referendario di ieri, che ha chiamato gli elettori alle urne per i quesiti sulla giustizia, resterà nella storia. I referendum di domenica 12 giugno 2022, infatti, sono stati i meno partecipati della storia repubblicana. Ha votato, in tutto il Paese, solamente il 20.8% degli aventi diritto, molto meno della metà del quorum che sarebbe stato necessario. Quello di ieri ha superato anche l’altro record negativo di partecipazione, ovvero quello del 2009 sulla legge elettorale. Il fallimento del referendum – come riporta questa mattina il sito Il Post – è stato nettamente segnato in Trentino-Alto Adige (13%), Molise (14%), Sardegna (14.5%), mentre l’affluenza più alta si è registrata in Veneto (26.9%). 

In queste ore sono molti i commenti che spiegano il fallimento così esteso dei referendum sulla giustizia. C’è, però, un dato di fatto: la totale perdita di interesse generale per questo tipo di voto. Dal 2000 in poi, infatti, solamente una volta (su sei) si è raggiunto il quorum per un referendum abrogativo. Era il 2011 e gli elettori italiani si erano espressi in maniera decisa contro la gestione privata dell’acqua. All’epoca l’affluenza fu superiore al 50%, mentre così non andò nel 2016 per i referendum sulle trivelle che, fra tante omissioni e prese di posizioni governative, racimolò solamente il 31.18%. Per molti, avrebbe garantito un’affluenza decisamente maggiore la presenza dei quesiti sulla legalizzazione della cannabis e dell’eutanasia, giudicati inammissibili dalla Corte Costituzionale. Temi come questi, molto vicini alle sensibilità anche opposte dei cittadini, avrebbero portato sicuramente più gente alle urne. Bisogna ricordare che su tematiche etiche, come ad esempio il primo referendum abrogativo come quello sul divorzio, si recò alle urne l’87.7% degli elettori. 

Per Giandomenico Caiazza, avvocato, presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, il fallimento del referendum è un fallimento netto. Colpa dell’informazione debole e dell’organizzazione improvvisata. “Il fallimento a mio giudizio è anche frutto del modo con cui è stato organizzato”, dichiara Caiazza al Corriere. “Quando si facevano i referendum con Pannella il primo lavoro, fondamentale, era la costituzione di un comitato promotore esteso al maggior numero possibile di realtà che potessero poi essere utili a renderlo noto. Perché non puoi limitarti a dire che non c’è attenzione sui quesiti. L’attenzione politica si crea”. Una stoccata diretta alla Lega di Salvini. “Ha visto manifesti o altre iniziative elettorali? La Lega non ha mai nemmeno depositato le firme raccolte perdendo così il diritto alle tribune referendarie”, l’amara conclusione dell’avvocato. 

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