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Vincenzo Mascoli, dalla Puglia a Milano. Stanza n.2020, Transiti_Soste/Ripartenze

Figlio della nostra Terra, Vincenzo Mascoli classe 1982, nasce a Corato dove tutt’ora lavora e risiede. Laureato in scenografia e doppia specializzazione in scenografia e pittura presso l’accademia delle belle arti di Bari vanta al suo attivo tantissime mostre e riconoscimenti. La sua nuova ricerca prende forma in un percorso espositivo ospitato fino al 21/03/2022 da La Missori Suits by 101 Flats in Milano – prestigiosa Guest House di 17 camere, suddivisa in tre aree, Green Flats, Blue Flats e BrownFlats, al 7° piano di uno dei palazzi simbolo della dinamica Piazza Missori, curato da è Texture s.r.l. e accompagnato da un testo critico di Azzurra Immediato.

Vincenzo, prima di addentrarci nella tua ultima personale, vorrei chiederti di parlarci un po’ di te. Come si è delineato in te l’artista? C’è qualcosa in particolare che ha fatto scattare la scintilla?


È un processo lento, che puoi raccontare solo quando son passati molti anni, delle volte socchiudo gli occhi e ritorno in dietro con la mente e riguardo il mio percorso. Mi piace ricordare un aneddoto che, fin da quando ero bambino mi divertivo a realizzare disegni e scarabocchi su semplici fogli di carta o riutilizzavo vecchi puzzle che ridipingevo e ricomponevo operazioni strane e divertenti per un bimbo, ma nulla lasciava pensare che un giorno avrei potuto vivere della mia arte o almeno che ci avrei provato. Quindi con certezza posso affermare che colori, pennarelli, mi son sempre stati accanto e tuttora se non disegno per qualche giorno sento un’irrequietezza difficile da descrivere

Le tue opere si caratterizzano e sono facilmente attribuibili a te per una precisa cifra stilistica e direi anche per la particolare tecnica. Nello specifico di che si tratta e come definiresti il tuo stile?

Le opere di Vincenzo Mascoli. vincenzomascoli.com


A quel che faccio ci sono arrivato sperimentando molto e studiando; e di nuovo studiando e sperimentando. Dopo il diploma all’istituto d’arte, mi sono laureato all’accademia di Belle Arti, conseguendo una specializzazione in scenografia e pittura. La prima mi ha permesso di esprimere una concezione dello spazio assolutamente nuova, in cui l’opera si espande nella superficie che occupa e non solo mi ha permesso di indagare uno spazio non spazio e raccontare in maniera tridimensionale ed andare oltre; dalla seconda, invece, ho desunto utili spunti per la realizzazione di un’opera dal punto di vista materiale, nella sua lenta e articolata produzione artigianale un lavoro più introspettivo e silenzioso. Non saprei dire esattamente cos’è l’arte, ma sento che c’è, e che mi aiuta a sopravvivere.
Fondamentale nel mio percorso è stata New York, con la Borsa di studio di Franco Zeffirelli mi ha segnato su alcuni progetti vedi Faces, nato lì a New York tra la gente dove facevo il ritrattista per potermi pagare gli studi.
Sul mio stile mi piace riportare un passaggio del testo di Vittorio Sgarbi che mi scrisse per una mia mostra “In Mascoli l’elemento che identifica lo schema di rappresentazione adottato con la propria, personale cifra stilistica è l’archetipo di una condizione artistica più generale, già preannunciata dalla Pop Art e dal Nouveau Réalisme nel Novecento, ma diventata tipica, nel parossistico dilagare della comunicazione mediatica, della nostra epoca, per cui nulla può più darsi al di fuori di esso. Non esiste più l’originalità, e se anche ci fosse, probabilmente non servirebbe a nulla”.

Parlando di Vittorio Sgarbi, da te citato e a cui ricordiamo hai dedicato un ritratto, in una sua recensione, ha scritto: “…Cosa siamo diventati, rispetto al grande flusso oggi dilagante? È questa, credo, la domanda di fondo che si pone Mascoli e su cui ci invita a riflettere…” Ma è davvero questa la domanda di fondo delle tue opere?

Ogni singola opera è come una microstoria inscritta in una cornice molto più eterogenea, molto più grande come quando si entra in una stanza enorme con alle pareti centinaia di televisori, di schermi, che trasmettono immagini e che invitano lo spettatore a porsi molte domande. Il racconto nel racconto, una storia che rinvia ad un’altra esperienza. In questo modo, i ritratti dei protagonisti si intrecciano vicendevolmente ricomponendo, simbolicamente, i fili della trama. Testimoniano i valori di una società iperindustrializzata, consumista e capitalista, in cui ogni tipo di operazione artistica è trasferibile da un livello intimo, individuale, privato a quello collettivo, pubblico e omologato dell’uomo comune, schiacciato dalla produzione industriale e assuefatto al consumo di oggetti quotidiani.

“Stanza n.2020, Transiti_Soste/Ripartenze” è il tuo ultimo progetto espositivo. Puoi dirci in cosa consiste e un po’ la sua vita? Dall’idea alla realizzazione.

Farà parte di un trittico di mostre Milano, Firenze e in fine Venezia tre città non scelte per caso ma che hanno il filo conduttore.
Questo è un progetto di transizione, ho elaborato per la prima tappa 60 lavoro, disegni, bozzetti ed alcune grandi tele e tavole ad accompagnare gli ospiti, in un dialogo continuo tra spazi privati e spazi comuni, una sincopata liaison che rimanda a quanto le opere raccontano, esprimono e mostrano. Stanza n.2020 Transiti_Soste/Ripartenze con testo critico di Azzurra Immediato che ne racconta benissimo quello che volevo fare in questi miei lavori
“con sé la trepidante grammatica del corpo umano, le cui tensioni, definite dalla purezza della nudità, delineano l’affrancamento da inutili orpelli. È nel loro incontro – con l’altro da sé o con il proprio Io – che essi fanno i conti; ogni quesito, ogni riflessione, ogni stato di grazia s’evince dalla traduzione operata dall’artista; Mascoli
Ogni opera è epifania di ancestrali evocazioni, la primigenia del segno e del corpo si fondono, lasciando che ad animare il flusso d’energia vitale siano la materia, la commistione di cromie dettata dall’inconscio, secondo un idioma sincero accompagnato dall’esigenza di tornare ad una estremizzazione sintetica, un “ritorno alle origini, come un giovane studente pieno di sogni dinanzi a dei modelli” afferma Vincenzo Mascoli. In un simile percorso, anch’esso traccia e segno di qualcosa d’altro, il desiderio immaginifico espresso dalle opere si missa con le vite dei viaggiatori, in un sempiterno passaggio, dove il qui ed ora si lega, profondamente, ad un altrove lontano. Ecco, dunque, che la trama tessuta dal Mascoli si innerva attraverso i suoi di/segni, i cui corpi, i cui soggetti, si trasformano in icone di universale migrazione metareale, in cui ogni gesto, carico di pathos, assume il valore di memento vitae, a ricordarci che siamo vivi, nella nostra instancabile ricerca di verità, seppur viaggiatori nel mondo e nel vivere.

La nostra Puglia ancora una volta si dimostra madre fertile di cultura e talento. Ringrazio Vincenzo Mascoli per questa interessante chiacchierata.

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Redazione

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