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I primi 106 anni di Maria, la nonna di Manfredonia

Ieri ho avuto un incontro importante: ho conosciuto la ‘prima’ cittadina di Manfredonia. Niente paura, non vi siete persi elezioni a sorpresa. La ‘prima’ cittadina non perché ‘sindaca’, ma in quanto ad età. La donna più longeva di Manfredonia si chiama Maria Maratea, classe 1913, nata a Monte Sant’Angelo ed emigrata a Manfredonia, ha compiuto 106 anni lo scorso 6 novembre ed è testimone di oltre un secolo di storia, del passaggio dalla Monarchia alla Repubblica, di due guerre mondiali, di ben dieci papi e di otto giubilei.

Nei suoi occhi azzurri ci sono i segreti, le ansie e le gioie di oltre venti lustri e soprattutto c’è la pacatezza che solo chi ha davvero conosciuto il mondo può avere. Nonna Maria ha quattro figli, Matteo, Maria Michela, Raffaelina e Antonietta, undici nipoti e otto pronipoti e ricorda tutto della sua lunghissima vita. Anzi, ricorda anche le vite degli altri, tanto da riuscire persino a ricostruire le mie parentele a Monte, tra i ‘pezzafin’ e i ‘chep d’vacc’.

Il papà di Maria vendeva frutta secca e con lui le figlie partivano alla volta di varie località, in occasione delle feste, per dargli una mano. Di queste trasferte Maria ricorda un uomo che quasi cento anni fa girovagava nel Gargano e vestiva in maniera malandata. Da tutti era conosciuto come l’infrner. “Era un veggente”, mi ha spiegato la figlia Maria Michela. All’epoca non c’era la tv, si leggeva poco e soprattutto non c’era Google. Eppure, quest’uomo, mendicando tra le strade piene solo di cavalli, predisse che un giorno sarebbero scomparse carrozze e carretti e che le città si sarebbero riempite di ‘macchine’. Questa profezia si è avverata, ma l’altra che colpì Maria è ancora più stucchevole, perché l’infrner raccontava che sarebbe arrivato un giorno in cui le donne avrebbero fatto a meno degli uomini e che avrebbero preferito ‘abbracciare gli alberi’.

Durante la seconda guerra mondiale, nonna Maria, licenza di seconda elementare come si usava allora specialmente tra le figlie femmine, fece i sacrifici più duri. Da Monte scendeva a Manfredonia a piedi per prendere al Comune le derrate alimentari con la tessera, ma anche per acquistare un po’ di grano di contrabbando con cui fare poi il pane. “Non potevamo mangiare e avevamo fame”, ha confessato, svelando nel viso un dolore che porta con sé da quasi 80 anni. Tanta fame che una volta si dovette prendere il grano da una nave affondata ed usarlo ugualmente nonostante fosse inzuppato di acqua di mare e maleodorante. Mi ha poi raccontato che si nascondeva per paura degli americani. Ci rifletto un attimo: ma non erano nostri alleati? Una figlia mi ha letto la perplessità nello sguardo e mi ha svelato: “Gli americani erano ‘amici’ e a noi bambini regalavano cioccolate, ma violentavano le ragazze, che quindi erano costrette a spostarsi nascondendosi”. Tante furono, infatti, le ragazze che rimasero incinta negli anni della guerra, di bimbi che non conobbero mai i loro padri.

Da ragazza sopravvisse anche alla tubercolosi, curata con amore da una delle sue sorelle. Erano otto figli, oggi ne sono tre. Volersi bene ed aiutarsi tra loro è sempre stato importante per andare avanti.

Quanti cambiamenti ha visto in questi anni? “Tanti, è cambiato tutto”, rivela. Soprattutto, evidenzia, il modo di vestire dei ‘manfredoniani’. “Prima ci tenevano”, sussurra. E mi svela di un’epoca in cui in riva al Golfo nei giorni di festa passeggiavano donne e uomini bellissimi, vestiti di tutto punto. Uno stile tanto accurato e raffinato da lasciare incantati anche i forestieri.

Qual è stato il momento più brutto della sua vita? Stupisce la sua risposta: “Quando mi sono sposata e ho dovuto abitare per quattro anni con i miei suoceri”. Incredibilmente, nonostante le due guerre vissute in prima persona, è stata la coabitazione forzata dopo la ‘fuitina’ ad averle lasciato un segno indelebile. “Mio nonno era molto severo”, spiega la figlia Antonietta, accennando a tempi ormai così lontani (erano i primi anni ’30) che comprendere può apparire difficile.

E il momento più bello? “Quando sono venuta a vivere a Manfredonia”. E già, perché la città in riva al Golfo è stata sempre nel suo cuore, sin da quando da bambina la osservava dall’alto della montagna dell’Arcangelo e trascorreva almeno una ventina di giorni d’estate con la sua famiglia a Manfredonia per frequentare ‘i bagni’.

Rimasta vedova nel 1995 del suo Luigi, nonna Maria ha continuato ad occuparsi da sola dei suoi figli con amore e dedizione. Oggi sono i suoi figli ad occuparsi di lei, della nonnina di Manfredonia. Ecco, dunque, che nonna Maria che è stata un modello per i suoi cari, diviene un esempio per le nuove generazioni, insegnando con la sua stessa lunghissima vita l’importanza di coltivare e contare sempre sull’ineguagliabile amore della famiglia per affrontare e vincere le difficoltà della vita.

Il segreto della longevità? A tavola mangiare un po’ di tutto, senza esagerare con le quantità. Mentre per lo spirito, un toccasana è la preghiera, e ancora oggi ascolta ogni giorno Radio Padre Pio. E per essere serena, per Maria incommensurabile è stato potersi affacciare dal balcone di casa per abbracciare con lo sguardo Manfredonia e il suo golfo.

Auguri di cuore a Maria, la nonnina di Manfredonia, scrigno di un immenso tesoro, quello della nostra storia, nascosto nel suo cuore e tra le rughe del suo volto e soprattutto nei suoi occhi profondi, così com’è profondo il mare che da sempre ama.

Maria Teresa Valente

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