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Pontificale: l’omelia di Mons. Castoro

MADONNA DI SIPONTO

(Manfredonia, 30 agosto 2017)

 

Fratelli e Sorelle,

  1. in questa liturgia mariana, dedicata alla Madonna di Siponto, il Vangelo ci presenta una icona insolita: la Madre di Gesù va con il Figlio e i suoi discepoli ad uno sposalizio. Che cosa ha da dire a noi oggi questo brano delle nozze di Cana, nel contesto della nostra festa patronale?

Colpisce subito un gesto di Maria: il fatto che Lei riesca ad accorgersi di una situazione di bisogno. Maria si mostra attenta e premurosa nei confronti di chi perde qualcosa, di chi si trova in una necessità, di chi vive una condizione di fragilità. Infatti, appena si accorge che stava per venire a mancare il vino, si rivolge a Gesù e gli dice: “Non hanno più vino”.  E’ un gesto di profonda sensibilità. Maria ci insegna a non essere indifferenti di fronte alle altrui necessità, a non restare ripiegati su noi stessi e a non voltarci dall’altra parte.

 

  1. Carissimo don Matteo Tavano, presidente del capitolo Sipontino, grazie per le calorose espressioni augurali che mi hai rivolto all’inizio della Celebrazione. Carissimi canonici e sacerdoti, Don Stefano Mazzone, Vicario generale, Don Andrea Starace, Vicario generale emerito, Signor Sindaco Angelo Riccardi, Vice Presidente del Consiglio regionale Giandiego Gatta, Signor Questore di Foggia, autorità civili e militari, seminaristi, religiose, Presidente dell’Agenzia del Turismo Saverio Mazzone, Comitato feste patronali, fedeli qui presenti.

Un particolare saluto ai due giovani diaconi: Don Maurizio Guerra e Don Fabrizio Cirelli, che prossimamente, a Dio piacendo, ordinerò sacerdoti: don Maurizio, del clero diocesano di Manfredonia, Vice Rettore del Seminario arcivescovile, e don Fabrizio, dei Ricostruttori nella Preghiera, della Comunità di San Leonardo, Collaboratore nella parrocchia di San Pio, ai nuovi Comparti di Manfredonia. Affidiamo i loro generosi propositi alla Vergine di Siponto: ad essi i nostri auguri, per essi la nostra preghiera.

 

  1. Miei Cari, la Madonna richiama l’attenzione di Gesù sul fatto increscioso che a questo sposalizio sta finendo il vino. E’ come dire: sta per concludersi anzitempo la festa, stanno per spegnersi le luci, un’ombra di tristezza sta per scendere sul volto degli sposi e degli invitati. E’ noto, infatti, che il vino nella Bibbia è il simbolo della letizia e della festa, simbolo dell’amore. Attualizzando questo brano, possiamo dire che anche noi spesso rimaniamo senza vino: cioè siamo incapaci di amare in modo autentico. Diceva Madre Teresa di Calcutta: siamo fatti per amare e per essere amati. Tutto il resto serve solo per realizzare questo grande progetto.

Il vino indica anche l’insieme dei beni messianici: come la giustizia e la pace, la fraternità e la convivialità. Se ci guardiamo intorno e sfogliamo la cronaca di questi ultimi giorni sembra che anche noi, dalle nostre parti, siamo rimasti senza vino.

E’ inutile nasconderlo, come ha scritto Papa Francesco nella sua Evangelii gaudium: stiamo assistendo a un processo di “desertificazione spirituale”, frutto del progetto di una società che vuole costruirsi senza Dio o che vuole distruggere le nostre radici cristiane (EG 86).

 

  1. Sì, le nostre coppe sono rimaste vuote. E quando aleggia il vuoto, la tentazione è quella di riempirle di cose effimere che non saziano la nostra fame di autenticità. La mancanza di vino, ci indica che spesso siamo senza una direzione che ci dica dove andare, senza un significato che dia un senso a ciò che siamo e a ciò che facciamo. Spesso lasciamo soli i nostri giovani con i loro problemi e, quando ce ne accorgiamo, per qualcuno è troppo tardi. Ecco, ci manca il vino dell’attenzione, della condivisione, della premura e della cura. Il vino della reciproca responsabilità che ci rende compagni di viaggio lungo la via nelle nostre numerose fragilità.

Siamo come anfore che vanno perdendo i grandi valori morali come il rispetto della vita umana, la cura dei deboli e la premura per gli ultimi, l’amore per la propria città, la cura per l’ambiente, il rispetto dei diritti, la ricerca del bene comune.

Dobbiamo riconoscerlo: noi sacerdoti abbiamo perso un po’ di zelo nella nostra azione pastorale, così anche i politici a volte danno l’impressione di aver perso un po’ di passione per il bene comune, anche i genitori in qualche caso dimostrano di voler delegare ad altri il difficile, quanto fascinoso compito educativo.

 

  1. Ma ecco che a Cana accade il miracolo: il vuoto si trasforma in un pieno che non delude. Maria oggi scuote le nostre coscienze e ci insegna ad aprire gli occhi per rialzarci e ricominciare. Maria ci aiuta a ritrovare la nostra umanità perduta e smarrita, cominciando dai piccoli gesti, da quell’umile acqua che ciascuno di noi porta nascosta nella propria anfora.

Maria, con la sua sapienza di madre e di donna, ci aiuta ad andare oltre l’evidenza di ciò che manca e indica la strada dicendoci: “Qualsiasi cosa Gesù vi dica, fatelaFate come Gesù vi dirà”. Maria ci dice che non siamo anfore vuote ma persone potenzialmente costruttive, creative, gioiose e piene di speranza.

Ah! se questa consapevolezza potesse arrivare in tutte le famiglie, nei quartieri, nei condomini e portare pace e fraternità, fiducia e speranza. Se questo vino potesse giungere in ogni angolo della nostra città, e contagiare il nostro modo di educare, illuminare i nostri sguardi spenti, ispirare i nostri rapporti sociali e le nostre scelte politiche, motivare e riscaldare i legami affettivi, le relazioni amichevoli; sostenere la solidarietà negli ambienti di lavoro e nel nostro modo di fare impresa. Riaccendere in ciascuno di noi quel senso di moralità e di legalità che farebbe più bella e ospitale la nostra città.

Ecco allora l’impegno che come Chiesa e come città ci prendiamo in questa festa patronale alla scuola di Maria: far sì che Manfredonia possa diventare come la città di Cana, dove tutti veniamo trasformati per diventare delle persone-anfore che sanno dare da bere gli uni agli altri quel vino dell’amore e della speranza, della fiducia e del coraggio.

Se saremo più solidali, saremo in grado anche di impedire ai poteri criminali di rubarci il territorio, di tenerci sotto scacco con il ricatto della paura. Sì, sono certo che uniti riusciremo a vincere la spirale di odio e di violenza che da anni rattrista il nostro Gargano.

La Madonna di Siponto ci renda uomini nuovi per rendere sempre più bella la nostra città.

E, con Papa Francesco, anch’io dico a voi: per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

Grazie!

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Redazione

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