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La medicina cura, ma l’amore guarisce: la testimonianza di Aida, prima manfredoniana guarita dal COVID-19

La medicina cura, ma l’amore guarisce. È una frase pronunciata da un vescovo che ha avuto il Coronavirus e che ha profondamente colpito Aida, manfredoniana guarita dal COVID-19, che nel guscio della sua casa ripensa a ciò che ha passato nei giorni scorsi.

Madre di 8 figli, Aida era in Abruzzo dove lavora ormai da diversi anni quando, verso metà marzo, ha iniziato ad avere febbre. “Forse una semplice influenza”, ha pensato inizialmente, sentendo il proprio medico di famiglia che la monitorava e l’allertava sul da farsi nel caso i sintomi fossero peggiorati. Aggravamento che, purtroppo, non si è fatto attendere. Improvvisamente, infatti, sono iniziati colpi di tosse sospetti e poi gli eventi sono precipitati quando il respiro è diventato tutt’un tratto corto.

I familiari, preoccupati per la situazione, hanno chiamato a ruota tutti i vari numeri messi in campo per l‘emergenza da Coronavirus. Poi, la corsa contro il tempo: la figlia più grande l’ha accompagnata all’Ospedale SS. Annunziata di Chieti e di qui è cominciato per Aida un cammino lungo oltre un mese, tra fede e scienza.

Dopo la sosta al pre-triage ed il tampone positivo, Aida è stata ricoverata nel reparto Covid, con altre centinaia di persone contagiate divise tra più piani. Un numero immenso, ma nonostante ciò per nessuno sono mancate cure ed attenzioni. “Medici ed infermieri venivano a controllare di continuo, mi sentivo protetta e al sicuro”, racconta Aida.

Hai avuto paura? “Non ne ho avuto tempo. Quando sono arrivata in ospedale avevo febbre alta ed ero debole e quando poi ho iniziato a stare meglio, ho saputo che in un altro reparto era stato ricoverato anche mio marito”.

Dopo qualche giorno, infatti, i figli hanno accompagnato in ospedale anche il suo Antonio, o Tonino come lo chiamano tutti in famiglia, che per problemi pregressi presentava una situazione più critica.

“Un giovane medico, preoccupato per Tonino, si è seduto accanto a lui ed è rimasto tutta la notte a vegliarlo”. La voce di Aida esplode in un pianto commosso quando racconta questo episodio, perché se è vero che con l’emergenza Coronavirus medici ed infermieri sono stati riscattati nel loro ruolo e paragonati ad angeli, mai ci si aspetterebbe tanta dedizione.

“Pur non potendo avere accanto la mia famiglia”, continua Aida, “non mi sono mai sentita sola”. Ed immerso in quella tuta quasi spaziale, esattamente identica a quella di medici e paramedici, nei reparti del SS. Annunziata di Chieti c’è anche Padre Renato il cappellano dell’ospedale che passa tutti i giorni a confortare i malati: “Ci ha aiutato a trovare la forza e la speranza anche nella preghiera”.

Aida ha pregato tanto, com’è solita fare sempre. In quei giorni, però, le sue preghiere erano più forti e accorate del solito, per suo marito, ma anche per tutti i medici, infermieri ed operatori sanitari in prima linea.

Se gli angeli li immaginiamo vestiti di azzurro o di bianco non sbagliamo, ma invece delle ali hanno spalle forti per sostenere un cuore grande. “Le tute che indossano sono usa e getta”, spiega Aida. “Durante il turno non possono toglierle, tranne che per importanti esigenze, perché significherebbe sprecarle. Con quelle pesantissime divise passano ore ed ore, a volte anche 12 o più, senza poter bere un bicchiere d’acqua o andare in bagno”.

Eppure, nonostante i sacrifici non da poco: “Fanno sentire ai malati tutta la loro vicinanza e sono sempre premurosi”. E quindi rivolge un accorato ringraziamento a medici, paramedici, oss dell’ospedale SS. Annunziata, ma anche a tutti coloro che si prodigano nelle pulizie, un lavoro anche questo non facile negli ultimi tempi, eppure svolto sempre in maniera impeccabile e con amorevole cura.

Aida rivela anche una storia dal sapore d’altri tempi: “Sono stati ricoverati due anziani ultranovantenni, marito e moglie”. Dopo una vita passata insieme, si erano sentiti persi e spaesati quando sono stati separati, ognuno a combattere in un diverso reparto quella comune battaglia. “Quando le loro condizioni sono migliorate, in via eccezionale sono stati riuniti nella stessa stanza, per continuare a lottare insieme, come avevano fatto per tutta la vita”.

Poi racconta: “Qualche giorno fa un medico è venuto di corsa da me, non stava nella pelle. Da dietro la maschera mi ha urlato tra gioia e commozione: tampone negativo! Ed ho scoperto così che potevo tornare a casa”. Era il terzo, come da prassi, ed ora Aida sta continuando la quarantena tra le mura domestiche.

In ospedale c’è ancora suo marito Tonino, che ha fatto importanti progressi ed ha bisogno sempre di meno ossigeno. Ma Aida è serena: “L’ho lasciato in ottime mani”. E il pensiero va a tutto il personale medico ed infermieristico e agli operatori sanitari che nonostante turni pesanti, corse contro il tempo, momenti concitati, non si fanno mai prendere dallo sconforto e sono accanto a tutti i pazienti come se ciascuno fosse un loro figlio, madre, nonno o sorella.

“La medicina cura, ma l’amore guarisce”, ribadisce Aida. E non può che essere così.

di Maria Teresa Valente

(nella foto: Aida con il medico che le ha portato la notizia della guarigione)

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Maria Teresa Valente

Giornalista pubblicista dal 2000 ed impiegata, esercita anche l’attività di mamma full time di due splendidi e vivacissimi bambini: Vanessa e Domenico. È nata e cresciuta a Manfredonia (FG), sulle rive dell’omonimo Golfo, nelle cui acque intinge quotidianamente la sua penna ed i suoi pensieri. Collabora con diverse testate ed ha diretto vari giornali di Capitanata, tra cui, per 10 anni, Manfredonia.net, il primo quotidiano on line del nord della Puglia. Laureata in Lettere Moderne con una tesi sull’immigrazione, ha conseguito un master in Comunicazione Politica ed è appassionata di storia. Per nove anni è stata responsabile dell’Ufficio di Gabinetto del Sindaco di Manfredonia. Ancora indecisa se un giorno vorrebbe rinascere nei panni di Oriana Fallaci o in quelli di Monica Bellucci, nel frattempo indossa con piacere i suoi comodissimi jeans, sorseggiando caffè nero bollente davanti alla tastiera, mentre scrive accompagnata dalla favolosa musica degli anni ‘70 e ‘80.

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