ManfredoniaStoria

”Otto le storie del pane bisognoso”

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”Otto le storie del pane bisognoso”

Manfredonia – NATALE di seconda scelta, in una piccola casetta lungo il confine della periferia, la terra con il suo cappello fatto di regola, se ne andava in giro per il paese della luna,e si avvicinava col fumo alla bocca mentre entrava alla porta della mia città che attendeva.

Avevo letto un libro,nella prima ..che nel mio cuore è rimasta una commozione dell’anima,di quei sandali che avevano varcato nel buio di un corridoio il mio cuore scoprendo che in una piccola via esistevano anche tante cose belle. La terza era quella di un barbone che viveva come un cane, nella sua camminata ciondolava,seduto sulla fontana di piazza Marconi con gli occhi rivolti ai passanti che con i loro mezzi sorrisi lo chiamavano:lo sfottevano: -Oggi non canti la canzone di Angiolina che porti in petto,e lui con bisogno di essere compreso abbassava il capo triste in quel giorno che doveva essere di tutti ma non lo sarebbe stato per Matteo. Mentre la quarta rifletteva il mare che adagio faceva suonare le sue onde contro un muro grigio,che da spettatore guardava la nascita di un angelo piccino,sotto la carezza di una nuvola ,coperto da una vela gialla di una barca attraccata, per quella grazia della festività ch’era giunta al cielo,sparsa di una sensazione che dava calore alle case scaldando così gli occhi delle persone,e portava un po’ di serenità a chi era preoccupato nel suo cammino,lo si inebriava dell’atmosfera unica al mondo.Nella quinta mangiavo un biscotto freddo di mostarda, con il babbo che beveva vino su un pane morbido con il baccalà,e che diceva:- Quanto mi piace tutto questo,una gioia da scuotere il corpo. La sesta saliva via Ospedale Orsini, insieme a una signora molto ricca,ma avara da far spostare le nuvole di un cielo esemplare, di un pomeriggio freddo e profumato di vento marino: la chiamavano Ninnella,ed era sempre dietro le porte delle sue case che gestiva in affitto per le mani dell’avere,ma per una mente da perdere la realtà, attraverso il fumo bianco della Cattedrale,era molto sola con la noncuranza del vento,che la portava verso casa.

La settima era quella della cenere di vecchi padroni andati nei fuochi sotterranei, trattati con reverenza dagli inferi della loro vita precedente, lungo i binari di una ferrovia che andava oltre la penitenza, masticando atti del perdono al colore delle luci Manfredoniane ,che si preparava all’ultima festa natalizia..dannati d’anima. L’ottava la teneva un vecchio frate,Passava ad elemosinare per il paese, che profumava di sugo di pesce,che io..vedevo passare col cingolo bianco profumato d’incenso e ti sorrideva con fierezza dell’amore,con gli occhi alzati nella via di una buia luce, con un sacco di farina nella mano, andava verso il convento di Santa Maria delle Grazie ,che si era appena accesa nel canto di una giornata speciale.

(A cura Claudio Castriotta)

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