ManfredoniaStoria

Lorenzo il prete e la Camera del Lavoro

[esi adrotate group="1" cache="public" ttl="0"]

Lorenzo il prete e la Camera del LavoroManfredonia – QUELLA mattina il sole era forte nel cielo, le attività della giornata erano appena iniziate col via vai di gente specialmente al centro della città.

La via più popolata era via Tribuna, dove quelle poche macchine che c’erano facevano rumore. Eravamo negli anni ’58 e passavano le carrette coi cavalli, mentre i cani randagi si attaccavano dietro come intontiti di fame. Ve ne erano tanti di randagi per strada tanto è vero che l’accalappiacani con un furgoncino girava tutto il giorno per poterli catturare.

Nella lunga via Tribuna si parlava anche di lavoro e dei tanti ragazzini che venivano messi nel collegio del Seminario della Cattedrale, perché i famigliari non gli potevano dare da mangiare e la Chiesa ne accoglieva più che poteva; poi in fin dei conti loro investivano – per così dire – affinchè qualcuno di loro potesse anche divenire prete e riuscire a prendere un titolo di studio

Tanti da quel collegio sono diventati persone importanti ! Era uno dei pochi modi per aiutare i ragazzi.

Uno di questi bambini era stato proprio “Lorenzo il prete”, bimbo pestifero che fu cacciato via da quel convitto. All’altezza del Campanile c’era la Camera del Lavoro ch’era sempre pieno di gente. Lui, Lorenzo, si cresceva in quest’ufficio popolato – come si usa dire da noi – da un ceto sociale piuttosto alla buona, di gente bisognosa. Pare che la giornata si svolgesse là, era il centro del paese, la cosa che più mi ha fatto sorridere è che in quella stanza alle spalle degli sportelli c’era anche un barbiere. Pensate un po’ che buffa la situazione, ma il bisogno era tanto ed allora ci si arrangiava in tutte le maniere.

Quindi tra un colloquio e l’altro tu ti potevi tagliare i capelli, come desideravi e come potevi a secondo dei soldi cui disponevi, ad esempio andava un signore e diceva al barbiere, un certo Brigida: “Tagliami quindici lire di capelli“. Andava un altro: “Trenta lire!“, e così via, quello di cui le tasche disponevano.

Un giorno quel gran lazzarone di Lorenzo il prete fu chiamato dal babbo che gli disse: “Vatti a tagliare i capelli“. Gli diede ottanta lire. Il ragazzino andò dal barbiere e si tagliò i capelli. Praticamente con venti lire il Brigida lo rapò a zero questa era la tariffa. Lorenzo pensò: “Con venti mi faccio i capelli e con i sessanta che mi restano vado al cinema”.

Questo barbiere usava una macchinetta un po’ vecchia, poco oliata, un giorno andò un bambino a farsi i capelli e mentre lo stava rapando a zero la macchinetta si inceppò nella pelle del capo facendo sentire un dolore atroce al bimbo che piangendo fuggì di corsa per strada con la macchinetta attaccata al cuoio capelluto. Il signor Brigida zoppicando lo rincorreva dicendo: “Disgraziato dove vai dammi la macchinetta“. Ma il piccolo con il dolore correva veloce come una saetta. Lorenzo che stava da quelle parti con altri bambini e persone che a quell’ora giravano per strada rideva di gusto, mentre il barbiere urlava: “Prendetelo mi serve la macchinetta, devo lavorare”.

Ma il bambino si trovava già sul lungomare Nazario Sauro.

(A cura di Claudio Castriotta)

[esi adrotate group="1" cache="public" ttl="0"]