Storia

L’Amerigo Vespucci, la nave più bella del mondo, progettata dall’ingegnere che si innamorò del mare di Manfredonia

Di Maria Teresa Valente

Ci sono attimi che cambiano la vita. Quell’attimo, per il giovane Francesco Rotundi, fu quando da Foggia, sua città natale, andò a Manfredonia in viaggio d’istruzione con la scuola, e i suoi occhi abbracciarono il mare del Golfo, e il suo sguardo si tuffò tra quelle onde che gli avvolsero l’anima segnando il suo destino per sempre.

Ecco, la storia della nave più bella del mondo, l’Amerigo Vespucci, nacque in quello sguardo.

Il Tenente Colonnello Francesco Rotundi, ufficiale della Regia Marina, venne alla luce a Foggia il 10 luglio 1885. Era iscritto alla sezione Fisico-Matematica dell’Istituto Tecnico “Pietro Giannone” di Foggia, quando, ancora adolescente, quel fatidico giorno i suoi insegnanti lo portarono a visitare le navi da guerra ancorate nel porto di Manfredonia ed ebbe un vero e proprio colpo di fulmine per il mare e per quelle costruzioni immense eppure magicamente a galla. Fu proprio allora che s’insinuò nella sua mente l’idea di dedicarsi alla costruzione di navi.

Dopo il diploma, frequentò la Scuola Superiore Navale di Genova, poi si laureò in ingegneria navale e meccanica. Entrò in Marina come tenente del Genio e fu destinato all’Arsenale di Venezia. Nel 1925 fu nominato direttore dei Regi cantieri navali di Castellammare di Stabia (NA) e fu qui che tra il 1930 ed il 1931 progettò e fece costruire l’Amerigo Vespucci , insieme alla gemella Cristoforo Colombo.

Nella seconda metà degli anni venti, la Marina italiana affrontò la questione del rinnovamento delle unità per l’addestramento degli allievi dell’accademia e, nonostante una tecnologia sempre più avanzata, ritenne che il miglior modo per insegnare l’amore per il mare ed i segreti della navigazione fosse stando a bordo di una nave a vela. Entrambe le navi vennero dunque inquadrate nella Divisione Navi Scuola.

Il foggiano Rotundi si rifece ai progetti del veliero dell’ingegnere navale napoletano Sabatelli, il Monarca, l’ammiraglia della Real Marina del Regno delle Due Sicilie, poi ribattezzato Re Galantuomo con la nascita del Regno d’Italia. Le fasce bianche della Vespucci rappresentano le due linee di cannoni del vascello al quale Rotundi si era appunto ispirato.

Nel dopoguerra, in ottemperanza al trattato di pace firmato a Parigi, la Cristoforo Colombo venne ceduta all’Unione Sovietica, venne utilizzata come nave scuola nel Mar Nero fino al tragico incendio del 1963 che la distrusse. L’Amerigo Vespucci, invece, iniziò a costruire la sua storia leggendaria solcando i mari dall’Oceano Atlantico al Mar Baltico, per raccontare la storia della Marina militare italiana.

Con le sue vele gigantesche, il suo profumo di legno e sale, e la sua storia quasi secolare, salire a bordo della Vespucci è come fare un viaggio nel tempo. A bordo, insieme ai circa 280 membri di equipaggio, ci sono anche gli allievi volontari in ferma prefissata quadriennale della Scuola Sottufficiali de La Maddalena: 98 persone, di cui 28 donne, impegnati in attività didattiche e addestrative per acquisire l’importanza del lavoro di squadra.

Tutte le navi militari hanno un motto, l’Amerigo Vespucci nella sua vita lo ha cambiato 3 volte: “Per la Patria e per il Re” (1931-1946), “Saldi nella furia dei venti e degli eventi” (1946-1978) e infine l’attuale e più noto “Non chi comincia ma quel che persevera”, quest’ultimo scelto da uno scritto di Leonardo Da Vinci.

In occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960, l’Amerigo Vespucci ha trasportato via mare la fiamma olimpica dal Pireo a Siracusa. Memorabile fu, nel 1962, l’incontro nel Mediterraneo con la portaerei statunitense USS Independence, che lampeggiò con il segnalatore luminoso: “Chi siete?”, e fu risposto: “Nave scuola Amerigo Vespucci, Marina Militare Italiana”. La nave statunitense ribatté: “Siete la nave più bella del mondo”. Frase che rimase nella storia e cominciò a solleticare l’opinione pubblica.

Altre navi furono progettate da Rotundi, e fu grazie alle sue incredibili conoscenze tecniche e scientifiche che le quattro grandi corazzate italiane, Cavour, Giulio Cesare, Andrea Doria e Caio Duilio, subirono trasformazioni tali da poter competere con le più moderne navi da guerra britanniche.

Francesco Rotundi morì a Roma il 25 ottobre 1945, a soli sessant’anni. Il suo corpo fu traslato a Foggia, dov’è tuttora, nella tomba di famiglia. Un busto del generale Rotundi si trova nella Villa Comunale di Foggia, mentre a Manfredonia gli è stato intitolato l’istituto Tecnico Nautico.

E se le sue spoglie mortali riposano ormai da oltre mezzo secolo, la passione, la genialità, e l’intuito di quel ragazzino che impregnò i suoi sogni di salsedine nel Golfo di Manfredonia, continuano a solcare a vele spiegate mari ed oceani a bordo della ‘nave più bella del mondo’.

Scritto da Maria Teresa Valente per Bonculture

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Maria Teresa Valente

Giornalista pubblicista dal 2000 ed impiegata, esercita anche l’attività di mamma full time di due splendidi e vivacissimi bambini: Vanessa e Domenico. È nata e cresciuta a Manfredonia (FG), sulle rive dell’omonimo Golfo, nelle cui acque intinge quotidianamente la sua penna ed i suoi pensieri. Collabora con diverse testate ed ha diretto vari giornali di Capitanata, tra cui, per 10 anni, Manfredonia.net, il primo quotidiano on line del nord della Puglia. Laureata in Lettere Moderne con una tesi sull’immigrazione, ha conseguito un master in Comunicazione Politica ed è appassionata di storia. Per nove anni è stata responsabile dell’Ufficio di Gabinetto del Sindaco di Manfredonia. Ancora indecisa se un giorno vorrebbe rinascere nei panni di Oriana Fallaci o in quelli di Monica Bellucci, nel frattempo indossa con piacere i suoi comodissimi jeans, sorseggiando caffè nero bollente davanti alla tastiera, mentre scrive accompagnata dalla favolosa musica degli anni ‘70 e ‘80.

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