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La variante inglese? Probabilmente l’abbiamo passata noi italiani a loro

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Vi sono almeno 1.234 varianti mutazionali di SARS-CoV-2, che si distribuiscono nei diversi continenti e paesi raggruppandosi in cluster (gruppi di mutazioni) che comprendono un determinato numero di mutazioni più frequenti.

A spiegarlo è il professor Giuseppe Pannone, docente di anatomia patologica presso il Dipartimento di medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Foggia.

“Volendo semplificare possiamo considerare tre gruppi principali di mutazioni, recentemente analizzati e pubblicati su riviste scientifiche qualificate, che sono correlati a differenti livelli di efficienza di trasmissione del virus ed a differenti livelli di letalità”, evidenzia Pannone, soffermandosi sulla variante italiana. “In particolare si è diffusa, già dalla prima ondata, in Italia una mutazione (D614G), che è diventata dominante nel mondo, caratterizzata da un’elevata efficienza di trasmissione del virus e che si concretizza in una maggiore carica virale al momento del contagio (viral load)”.

Professore, ma questa variante ‘inglese’ che fa così tanta paura, la D614G, è quindi la stessa che c’è in Italia? “Si è la stessa”, risponde Pannone, che poi aggiunge: “Molto probabilmente l’abbiamo passata noi a loro. È quella di Bergamo”.

Giuseppe Pannone ha reso pubblico nei giorni scorsi uno studio dell’Università di Foggia pubblicato sulla rivista Frontiers in Public Health che si pone proprio l’obiettivo di chiarire alcuni punti fondamentali della diffusione, per esempio la contagiosità e quanto tempo dura il virus nella saliva e negli altri fluidi biologici umani.

Lo studio condotto dall’ateneo foggiano è scaturito a seguito della costatazione di una mortalità particolarmente elevata in Italia. “L’Italia si trova nel gruppo di paesi al mondo con maggior case fatality rate (letalità) attestandosi questa su valori molto preoccupanti (letalità media del 9,3% con punte massime nella curva di distribuzione anche al di sopra del 15%. Su questo influiscono numerosi fattori, tra questi prendendo in analisi solo le mutazioni genetiche del virus, dobbiamo dire che secondo un qualificato studio giapponese, che ha analizzato il DNA di oltre 12.000 pazienti in tutto il mondo, l’Italia si trova nel gruppo denominato “cluster 2”, insieme ad Inghilterra, Portogallo, Grecia, alcuni paesi dell’EST europeo ed al Sud America, dove si trovano maggiormente rappresentate le mutazioni D614G e ORF1ab“.

Ma cosa comporta la mutazione D614G? “È associata ad una maggiore carica virale al contagio e ad una maggior efficienza del virus nella capacità di entrare nella cellula alterando la famosa proteina spike, che si lega ai recettori della pressione arteriosa ACE2, mentre l’altra mutazione è importante per la capacità di replicazione dell’RNA virale (ORF1ab P4715L localizzata in Nsp12). In questo studio tali mutazioni sono nel complesso associate ad una maggiore letalità, che risulta essere statisticamente significativa se paragonata agli altri due gruppi (cluster 1 e cluster 3 dove queste mutazioni sono meno rappresentate”.

di Maria Teresa Valente

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