Fuga di un latitante in Via Elvio Giustino
IL canale era rigido, di un’acqua tesa dal fastidioso freddo umido che intollerante evaporava di fumo tra gli alberi che dormivano, con il suono che veniva dal vapore del porto meraviglioso di Manfredonia, in mezzo al mare avvertiva la pericolosità alle barche a non uscire per la pesca. Le campagne vicino alla Basilica regolarizzavano lo scorrere del tempo che lento odorava di frasche secche,dove il latitante si camuffava come un invero dall’inizio di una presenza invisibile.La casa del cantoniere era fuori dal paese, rossa di spalle alle montagne, tagliava il vuoto della statale per Foggia e lo svincolo per le zone Salinari che portano fino a Bari. Mentre la Polizia e il Questore sonnecchiavano, nelle mattine di un orologio che faceva tardi l’ora, con un suo spostarsi a linea rotatoria inconclusa tra le sigarette della Questura marittima,proprio quando i poliziotti tracciavano, segni e misure del nulla appassionati nella loro ricerca, ormai da mesi. I passeri di petto bianco con piume color saio da monaco ,erano tra i rami bassi di foglie,e sui muri di tufo.
Bardonetta, eccolo, venire fuori da una macchia accanto alla cava..questo era il suo soprannome,con la mano nella tasca di un pantalone, con aria insignificante,ma temuto come assassino malavitoso ,attrezzato a nascondigli più impensati di tane anche sotterranee. Le distese di natura si univano al torbido cielo che raccoglieva pezzi di rifiuti accesi, in faccia al suo respiro amaro,sputava tosse,di fronte al precipizio col piede alto e di testa tra le canne molto alte e dorate ,da ingiallire un campo, in particolare mentre lui fumava nel sospetto della sua intersoggettività squallida,annusava dei cani messi al piscio tra automobili abbandonate, in scarrucolio continuo degli anni settantaquattro . Dove le strade erano sporche di ruote nere e copertoni squartati accantonati tra i marciapiedi.
Ma suonava ancora il vapore che alterava l’umore già preoccupante come un alito sulla città impaurita. Fu un giorno a mezzogiorno in punto, in un luogo opposto, quando alcune casalinghe videro in un rione che portava su in via Elvio Giustino,dove c’erano case contadine popolari..uscire Bardonetta, da una pattumiera sparando in aria come un forsennato,correndo verso macchie di fichi d’india. Pensare che a suo carico aveva come imputazione condanne per lo sfruttamento della prostituzione, furti vari,sparatorie su persone che ferì in modo feroce, forse si parlava anche di qualche omicidio …sicuramente . Ma poi una tormentosa sera, si era accanito contro un altro delinquente fino a sfidarlo a un appuntamento in una sfida a morte, sull’asfalto nero, sotto una luna che illuminava la tarda notte,vicino al campo dei Scalabriniani, avevano deciso di spararsi per motivi personali..mentre l’ uno era distante dall’altro a ventitrè metri! Proprio mentre stavano per afferrare la pistola e mirare ad uccidersi … ecco che successe qualcosa di inaspettato ! Arrivarono tre colpi da sparo da dietro un muretto, da uno sconosciuto coperto da una luce di ombra, che uccise Bardonetta, in una pozza di sangue, con la testa rivolta per terra. Solo così la Polizia mise fine al suo caso,arrestando poi il suo assassino! Con la sua voce stanca e pacata,un commissario nel suo modo dal carattere serioso ,rispose:– In un solo colpo si è messo fine a queste due storie parallele, così proprio come le onde del mare quando cambiano spesso colore nell’inverno, e che, inumidisce i metalli delle ringhiere che si coprono di ruggine.
di Claudio Castriotta