Storia

“Castriotta racconta la terra de li piante de paraduse”

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Manfredonia – NEL 1965 ascoltavo situazioni e storie, ironie, povertà e malattia di un tempo che a vederlo oggi sembra così distante. Si parlava della diffidenza dei centri del nord e della mal comprensione dello Stato, considerati sempre come una terra di seconda scelta, insomma noi del sud camminavamo ai margini dell’abbandono.

Intanto non riuscivano a spiegarsi e li vedevamo arrivare da ogni parte dell’Italia e dall’Estero nel mese di agosto. Gente facoltosa, grandi industriali i quali arrivavano quaggiù nella terra della polvere per la straordinaria bellezza del nostro luogo, unico nel suo genere; ammiravano le meraviglie del posto, Manfredonia era una cittadina pura come una limpida mattina che si svegliava sotto un sole d’estate.L’amata terra era piena di odori puri forti della natura più vera, circondata come si usava dire in dialetto manfredoniano da “li piante d paraduse”. Il vento più buono saliva fino alle cave che diffondevano anche in profondità le voragini bianche di nuvole di polvere. La ‘Festa Patronale’ si festeggiava sempre gli ultimi giorni di fine agosto fino al primo di settembre “Festa di Sant’Andrea”. Quasi tutti ci tenevano a fare bella figura, per sentire la coscienza e l’anima sollevata, insomma provare pace per quella immagine della Madonna Santissima Maria di Siponto, tenuta sull’altare con i suoi meravigliosi addobbi di rosso infiorata e dai tappeti che abbellivano l’altare in un clima davvero inspiegabile del religioso di fede.Quando il popolo iniziava a prepararsi per la processione – con il vestito più nuovo, rispettato il voto fatto – alle ore 7.00 in punto sparavano i cannoni tra mare e cielo per l’apertura della festa.

Mentre dentro al canto del pomeriggio partiva la processione santa con il quadro della Madonna, si allungava la folla lungo la sera in un silenzio di preghiera. Non come adesso con musiche religiose che a volte si confondono con altre musiche. Diverse. Quante devote andavano senza scarpe, ma solamente con calze di nylon per tutto il tragitto che si allungava per le stradi della città. Le illuminazioni coloravano la sera fitta tra i singhiozzi di passione di culto mariano dell’amato cielo manfredoniano, che ogni anno confidava sempre in una nuova condizione della propria terra.

di Claudio Castriotta

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