Puglia: Nichi Vendola a La Repubblica: “Ricostruire il centrosinistra”. Affondo su Emiliano
Puglia: Nichi Vendola a La Repubblica: “Ricostruire il centrosinistra”. Affondo su Emiliano
L’intervista di Nichi Vendola a La Repubblica.
Nichi Vendola, nel 2024 lei è tornato alla politica attiva da presidente di Sinistra italiana. Il trend è positivo per l’Alleanza Verdi Sinistra: pensa ancora alla Puglia come a un laboratorio politico?
«Penso che occorra ricostruire, con un lavoro serio e partecipato, il profilo di un nuovo centro-sinistra, capace di guidare la Puglia verso obiettivi di giustizia sociale e ambientale, di sviluppo inclusivo e di radicale innovazione nel costume politico dei partiti e degli eletti. L’immagine della politica pugliese è scalfita, offuscata da quelle pratiche compromissorie che alimentano sfiducia e rassegnazione facendo crescere il partito del non voto».
Dopo la defenestrazione dell’assessora Anna Grazia Maraschio, non siete più presenti nelle istituzioni regionali. Teme la marginalizzazione?
«Assolutamente no. Noi siamo una forza in crescita, credibile, pulita, siamo stati il cuore pulsante di quella stagione di bella politica alla quale non a caso, è stato dato il nome di “Primavera”. Siamo ossigeno per il centrosinistra e siamo indispensabili per vincere. Stiamo lavorando a una sorta di “Agenda Puglia 2030”, un contributo di analisi e idee sulle questioni cruciali del futuro: dalla crisi idrica all’affanno della sanità, dalle nuove povertà al dramma dell’inverno demografico. Certo, l’alleanza in Puglia è tutta da costruire e a oggi non ci sono segnali positivi nei nostri confronti da parte del Pd, cioè di chi ha le responsabilità politiche maggiori. Non è stata sanata la ferita che ci è stata inferta da Michele Emiliano con la nostra immotivata estromissione dalla giunta».
La Regione sta rivisitando l’impianto delle leggi urbanistiche costruito durante la sua giunta dall’assessora Angela Barbanente, con ampliamenti volumetrici fino al 70 per cento per chi raggiunge obiettivi come la riduzione del consumo di suolo o l’edilizia sociale.
«Diciamo che oggi tutti hanno capito che senso avesse cacciare Anna Grazia Maraschio dal governo regionale, lei per competenza e trasparenza era un ostacolo per chi aveva in testa altre mire: l’obiettivo era bucare e mettere in mora l’impianto normativo e progettuale della rivoluzione operata da Angela Barbanente sulle politiche del territorio, aprendo cioè un varco ai cementificatori. Altrimenti che senso ha mettere la delega all’Urbanistica nelle mani di un esponente della peggiore destra?».
Come giudica la fase di fine legislatura di Michele Emiliano? La sua maggioranza tiene anche grazie a pezzi del centrodestra.
«Ecco, questo è il punto dolente del bilancio di un decennio che volge al termine: la legittimazione, pratica e persino teorica, del trasformismo. Quanti cinici travestiti da civici, quanti virtuosi del cambio-casacca, quanti tessitori di reti clientelari frequentano il nostro campo? Un ceto di professionisti del proprio tornaconto, con al seguito mogli o cugini o autisti da collocare al vertice o nel sottoscala di uno di quegli acronimi la cui missione — dare alloggi, tutelare il diritto allo studio, proteggere l’ambiente e così via — si disperde nel vento dell’opacità. Soltanto i sonnambuli non se ne accorgono: ed è un vero peccato, perché quando invece si porta a compimento un progetto chiaro e palesemente progressista, come la difesa dell’acqua come bene pubblico, se ne giovano soprattutto i cittadini pugliesi».
Il nuovo corso di Elly Schlein nel Pd secondo lei è arrivato anche in Puglia?
«Direi proprio di no, più che il nuovo corso si vede la guerra intestina fra correnti e gruppi di potere. Non basta proiettare un film su Enrico Berlinguer per rimuovere quella “questione immorale” che consiste nella moltiplicazione dei consigli di amministrazione, nell’allargamento del proprio campo ai proprietari privati di pacchetti di voti venduti e comprati, nella collocazione di figure prive di qualsivoglia competenza in ruoli cruciali , nella banalizzazione del familismo, del nepotismo, del favoritismo, del clientelismo. Politicizzare persino l’Arpa, la cruciale agenzia della protezione ambientale, inventandosi anche qui un consiglio d’amministrazione che non esiste da nessun’altra parte d’Italia, è un’indecenza che va cancellata».
Emiliano dice però che anche lei pescava dal centrodestra.
«Che io abbia fatto come Emiliano è una storiella da bar dello sport. C’è una differenza ciclopica tra l’eccezione e la regola. Qui, nella Puglia odierna, la regola dell’ammucchiata trasformista ha dato un colpo serio al decoro della politica».
Il 2024 è stato anche l’anno delle elezioni comunali a Bari. Avete cercato una mediazione tra Michele Laforgia e Vito Leccese, ma rinunciare a correre con una vostra lista. E alle prossime regionali?
«Nelle elezioni regionali non c’è alcun rischio di non trovare il simbolo di Avs. Alle comunali, proprio nel nome dell’unità della coalizione, abbiamo pagato un prezzo salato, per eccesso di generosità. Continueremo a essere generosi e aperti, ma pretendiamo rispetto. Siamo pronti per una campagna elettorale pancia a terra».
La candidatura di Antonio Decaro a presidente della Regione segnerà la discontinuità con Emiliano?
«Decaro potrebbe essere un buon presidente di Regione, a condizione di saper costruire e guidare la coalizione del cambiamento. Lui potrebbe agevolmente vincere senza cedere a quella bulimia elettoralistica che suggerisce di moltiplicare liste pseudo-civiche, che talvolta veicolano l’imponderabile nel consiglio regionale. Tutti noi riconosciamo grandi doti di amministratore ad Antonio e gli vogliamo bene per il suo tratto umano: ma farebbe un grave e imperdonabile errore a chiudere gli occhi dinanzi alle cose che non vanno o vanno male nel nostro campo».
Decaro ed Emiliano hanno propiziato la convergenza dei socialisti europei verso la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente della Commissione europea. Come giudica questa scelta?
«Ne comprendo la ratio, ma la considero un grave errore. Fitto è un esponente di primo piano della estrema destra, ha condiviso l’impianto gravemente anti-meridionale della legge Calderoli sull’Autonomia differenziata, ha gestito in modo padronale i fondi del Pnrr, non si è distinto su nessun dossier del governo Meloni-Salvini. Questa destra non va in Europa nel segno di Altiero Spinelli o dell’europeismo: ci va per impedire che il sogno di un’Europa unita e federale possa realizzarsi».