La pazzia di Tucciello
c’è stata turbolenza a largo diomede è caduta una foglia un sorriso ho raccolto le metastasi
erano le parole sotto la buccetta del marciapiede a lamentarsi galleggiavano sull’impossibile
il corsivo in disaccordo petalo e stelo in rotta la clorofilla in abbandono l’inchiostro
in ginocchio mi sarà cara la caduta d’inverno
un buio dei tempi il sottopasso in un aperto
un falso vuoto il frastuono il momento
forse intrigo omento instabile di cieli
trasversali
canto mercanzie
cantico pescati nella traiettoria indistinta della voce sipontina
finissime reti abusano
e tutte mi futurano nel rammendo di pietro gaetano
clochard mordicchia l’alluce nel massimo della stretta
misuro la temperatura nessun calore si trascina nell’inguine
è il pazziare delle rondini nel rigurgito crescente e molti tentacoli ventosano
per amalgama tamburo fumo da montagna a montagna e calci per confondere
l’indicibile e rifiuti e confidenti e archi fornici quadrifronte
l’accavallarsi tra la sostanza e giano il bianco dal doppio-doppio
mette all’incanto acque bisbigliate dal miramare talvolta necrogene
tra residuati di guerra sotto i blocchi
e il privilegio del ciliegio tra i rossori dei gelsi
porto le mani alla bocca le mordo con la pazzia di tucciello
scalzo sulla chianca ghiaccia
d’inverno e bollente d’estate col vesuvio nell’anima
lasciato sul canapè ad infilare tormenti
cicco tabacco mi confondo
nasco e la leggenda (?)
di Giacomo Salvemini