GarganodaScoprire: “Santa Maria Maggiore di Monte Sant’Angelo, monumento suggestivo e scrigno d’arte”

SANTA MARIA MAGGIORE DI MONTE SANT’ANGELO: MONUMENTO SUGGESTIVO E SCRIGNO D’ARTE.
Ci sono angoli del nostro Gargano che lasciano il visitatore letteralmente a bocca aperta. Uno di questi angoli è rappresentato dal complesso monumentale che ingloba l’antica chiesa di Santa Maria Maggiore, a Monte Sant’Angelo e che comprende anche i resti della chiesa di San Pietro e l’enigmatica chiesa-battistero di San Giovanni in Tumba o Tomba di Rotari.
Davanti agli occhi del visitatore si apre un vero e proprio scrigno, in questo interessante quartiere della città dell’Arcangelo, contenente elementi artistici e architettonici, oltreché storici, di inestimabile valore.
Vediamoli insieme.


IL COMPLESSO MONUMENTALE
Come dicevamo, questo angolo cittadino è costituito dai resti della chiesa di San Pietro, dall’enigmatica chiesa-battistero di San Giovanni in Tumba (Tomba di Rotari) e dalla duecentesca chiesa di Santa Maria Maggiore, e affonda nell’altomedioevo le sue origini circonfuse di suggestive leggende e tradizioni agiografiche, come avviene per il vicino santuario dell’Arcangelo Michele, primo polo di interesse religioso dell’abitato.
I tre edifici, connessi l’uno all’altro, sono stati interessati nel tempo da ripetuti rimaneggiamenti, trasformazioni e demolizioni che, se rendono poco agevole la lettura delle diverse fasi costruttive, forniscono uno degli esempi lampanti di continuità di culto dall’altomedioevo in poi, qualificando l’area come secondo polo religioso della cittadina dell’Arcangelo.
SANTA MARIA MAGGIORE
L’elegante facciata della chiesa di Santa Maria Maggiore si erge sul fianco meridionale di San Giovanni in Tumba, col quale comunicava mediante un accesso laterale oggi ripristinato, ed è in parte nascosta dall’ingombro dell’abside di San Pietro.
In un’operetta agiografica del XI secolo, la fondazione di una chiesa dedicata alla Vergine viene attribuita a Lorenzo, il vescovo sipontino del V secolo cui ripetutamente sarebbe apparso l’Arcangelo Michele.
L’indagine archeologica, condotta durante i restauri dal 1978 al 1982, ha evidenziato che la chiesa insiste su un’area cimiteriale scavata in un banco roccioso in forte pendenza, dove sono state trovate monete databili ai secoli VIII – X. Inoltre, sono emersi resti di un edificio del XI secolo: in corrispondenza dell’area presbiteriale, un soccorpo costituito da una grotta preceduta da un ambiente in muratura, coperto originariamente da volta a botte, e la parte basamentale di un’abside, al termine dell’attuale navata destra, cui si aggiungono due lesene addossate alla controfacciata.
In epoca incerta, la chiesa ha subito un ribassamento del piano di calpestio e un prolungamento dell’aula sino al limite consentito dalla presenza dell’abside di San Pietro. L’edificio attuale fu ricostruito fra il XII e il XIII secolo. Dal testo di una iscrizione murata sul protiro, si apprende che il 10 giugno 1198, regnando Costanza d’Altavilla imperatrice con il figlio Federico, un sacerdote di nome Benedetto diede inizio a questa fabbrica in onore della Vergine.
L’interno si presenta come un’aula divisa in tre navate da pilastri cruciformi, che sostengono archi a sesto rialzato; le navate laterali hanno coperture a crociera e a vela. Nella navata centrale, la terza campata è coperta da una cupola emisferica che il restauro ha rivelato essere pertinente alla fase medievale.
I restauri hanno consentito di recuperare interessanti graffiti raffiguranti vele e rematori, allusivi al pellegrinaggio e alle crociate, ma anche molte altre incisioni votive di notevole interesse simbolico.
IL CICLO DI AFFRESCHI DI SANTA MARIA MAGGIORE
Completamente ricoperta di affreschi, la chiesa di Santa Maria Maggiore a Monte Sant’Angelo costituisce uno degli episodi più interessanti per lo studio delle correnti pittoriche fra il XIII e il XV secolo, nell’area garganica. La sovrapposizione di episodi figurativi offre al visitatore la possibilità di osservare come i temi ricorrenti siano stati interpretati nel corso di almeno due secoli di cultura artistica. Infatti, nelle diverse stratificazioni, gli affreschi rivelano evidenti tracce di cultura di matrice bizantina e angioina, fino agli episodi più tardi, che rimandano al Quattrocento.
Le immagini presenti propongono un’iconografia consueta in Puglia come i gruppi con la Vergine e il Bambino, il San Michele Arcangelo, i Santi vescovi e martiri.
Appena entrati nella chiesa, sul muro di controfacciata, inscritti in una cornice bicroma, ci accolgono le figure di San Bartolomeo, come indica la stessa iscrizione latina e, alla sua sinistra, San Nicola con ai loro piedi la piccola figura del committente inginocchiato. San Bartolomeo è rappresentato con la mano destra nell’atto di benedire mentre con l’altra regge un rotulo. Anche San Nicola, qui raffigurato con mitra e pastorale, è presentato nell’atto di benedire “alla greca”.
La matrice bizantina è sottolineata dall’estrema cura con cui sono resi i volti, l’attenzione posta ai caratteri somatici, soprattutto la barba e i capelli ottenuti con simmetriche linee ondulate o arricciate, come nel caso del San Bartolomeo. Elementi stilistici simili sono ravvisabili nella chiesa di Santa Maria di Devia, a San Nicandro Garganico.
A destra del dittico con San Nicola e San Bartolomeo è posto un affresco frammentario dove è possibile leggere la parte inferiore della figura di un vescovo, seduto su un trono dalle forme particolari, con due serpenti a guisa di braccioli.
A sinistra del dittico, invece, affrescato su un semipilastro, appare un altro Santo del quale rimane soltanto la parte superiore. Costui è rappresentato mentre regge, con la mano sinistra, un libro aperto. Qui, l’impronta di ascendenza bizantina cede il posto a un fare di chiara cultura angioina, evidente nello sforzo di una resa espressiva e gestuale.
Sempre sul muro di controfacciata, a sinistra del portale di ingresso, appaiono in basso le ‘Scene della vita di San Nicola’ e, in alto, una Santa Martire, identificabile con Santa Lucia, dal capo incoronato e con in mano un calice all’interno del quale appaiono due occhi, elemento peculiare della sua iconografia, e affrontata a questa una Madonna con Bambino. Si tratta di affreschi realizzati in momenti diversi, dal periodo angioino e fino al XV secolo.
Echi di cultura angioina sono anche avvertibili nel San Vito Martire, affrescato sul primo pilastro a destra o nella Santa Margherita, sul primo pilastro a sinistra. La stessa Santa, martire in Pisidia, in Antiochia, si presenta in eleganti vesti regali e sul capo una corona che ben si intona con l’accurata acconciatura. Sull’affresco della Santa è possibile notare incisioni simboliche come la Triplice Cinta e il Nodo di Salomone. La Triplice Cinta è presente anche sulla facciata esterna della chiesa, tra le tante incisioni votive, e sulla base di una colonna interna.
È presente, inoltre, una bellissima e monumentale immagine di San Michele Arcangelo, sul muro di destra della chiesa, con accanto l’Annunciazione. In quest’ultima scena, l’angelo Gabriele, “inviato da Dio”, è rappresentato, nel momento dell’annuncio, con un braccio sollevato in gesto benedicente.
Il monumentale San Michele, qui rappresentato nell’atto di uccidere il drago, indossa una veste regale impreziosita da un ornato a rombi perlinati e bordati, avvolto parzialmente da un ampio mantello che scende fin quasi alle caviglie; con la mano destra regge la lancia per trafiggere il drago e con l’altra il globo.
Poco lontano dall’Arcangelo vi è un Vescovo, con mitra e pastorale, che benedice “alla greca”, rievocando, in tal modo, i Santi in abiti vescovili presenti a Santa Maria di Devia.
Sempre sulla stessa parete, è affrescato anche San Francesco, reso con grande abilità da un maestro perfettamente inserito in quella corrente pittorica di stampo angioino, che lascia tracce di sé negli anni a cavallo tra il XIII e il XIV secolo. Il Santo, vestito del suo umile saio, è posto sull’estrema destra dell’affresco dove assiste, sommesso e col capo leggermente chino, a un episodio ormai non più leggibile. La presenza di San Francesco potrebbe collegarsi alla notevole concentrazione che ebbero nel Medioevo gli insediamenti francescani proprio sul Gargano, e in primo luogo a Monte Sant’Angelo.
Le altre immagini presenti in questa parte della chiesa si riferiscono a un Santo, in abiti vescovili, e a un San Giorgio a cavallo nell’atto di uccidere il drago, con accanto la timorosa principessa, quest’ultima immagine di esecuzione più tarda.
Passando agli affreschi ancora visibili sul secondo pilastro a destra, appare l’interessante scena con la figura di un giovane monaco tonsurato, avvolto in un mantello “crucesignato”, inginocchiato ai piedi di un edificio – forse una torre – dove, da due ordini di bifore, si affacciano coppie di figure femminili.
Echi di Terrasanta sembrano adombrarsi nella figura del monaco, spesso identificato come un “Templare”.
Sul muro di sinistra della chiesa, nella zona presbiteriale, va segnalato il gruppo con Sant’Ippolito Cavaliere, una Madonna con Bambino, con due Angeli turibolari ai suoi lati, e Santa Felicita con i suoi sette figli. Il Santo cavaliere è raffigurato frontalmente mentre tiene una lancia alla cui estremità è legata una bandiera a due code, e con un mantello svolazzante gonfiato verso l’alto. Il culto di Sant’Ippolito, in Puglia, risalirebbe alla fine del XIII secolo, forse in relazione all’ottava crociata (1270); la sua presenza nel Gargano è rintracciabile nella già citata chiesa di Santa Maria di Devia.
La Vergine indossa un ‘maphorion’ rosso che, coprendole il capo, gira intorno al collo: gli elementi iconografici presenti riportano alla Madonna della Bruna della Cattedrale di Matera. Santa Felicità è raffigurata con un velo da vedova ed è circondata dai suoi sette figli che, secondo la più consueta iconografia, vennero esortati dalla madre ad accettare la morte piuttosto che piegarsi agli idoli pagani.
In condizioni decisamente migliori si presentano le pitture del secondo pilastro a sinistra, dove si rintraccia un San Bartolomeo e un Santo Diacono non meglio identificato, avvolto in ricche vesti e con aureola perlinata.
Rimangono ancora tracce di altri affreschi: da annotare un’altra Madonna con Bambino e un San Sebastiano, martire ai tempi di Diocleziano e Massimiano, databili al XV secolo. Altre figure di santi vescovi e martiri, compaiono sulle facce dei pilastri della zona del presbiterio; un San Giuliano è presente sul pilastro centrale.
Si definisce, così, il corredo di immagini di Santa Maria Maggiore, che un tempo conservava, come in uno scrigno prezioso, la storia di Monte Sant’Angelo e della sua devozione.
Foto di G. GRANA e G. BARRELLA.
Fonti:
– Lomele, Mavelli, Vacca, “Il complesso monumentale di Santa Maria Maggiore a Monte Sant’Angelo del Gargano”, Claudio Grenzi Editore, 1999.
– G. Barrella, “La Triplice Cinta nella Daunia [aggiornamento 2022]”, 2022
fonte: GarganodaScoprire