Era il 3 di dicembre del 1983, quando l’ingegnere Antonio Vitulano non fece più ritorno a casa da Vieste
Manfredonia – ERA lunedì dell’Angelo 1955 ,quando ancora io non ero nato, quando l’aria sapeva di fango, quando l’orto era un buon campo ed i passeri venivano sparati, mentre erano liberi sui pali elettrici e sfioravano i monti più alti del Gargano.
Le piogge scendevano come torrenti e le lune cambiavano ogni sera le lame di strati luccicanti argentati del cielo alla porta della notte che suonava un’atmosfera a canzone senza misura. E il gallo al mattino cantava più stonato del tamburo usurato giù in cantina tra un gatto e una rete per pescare i pesci di scogli,mentre il vento drizzava le palme degli ulivi più alti e storici,nelle terre della mia Puglia..questo a noi fa bene anche se siamo confine, ma non ci potranno toccare e non ci faranno morire perché siamo la luce ,il calore e il sale del mare.
Poi la sete del soffio, il pomeriggio di un villaggio, di un coro di voci perfette che non fanno mai male, vengono anche dal paese cantando verso la Basilica della radice,dentro i passi sicuri e un po’ lenti. Compagnie di persone ammucchiate tante erano serene,ma tante malate ..mentre il profumo dei fiori di nuvole controvento li coglieva negli occhi tra il rumore e il puzzo del treno che su gettava fumo di veleno,tra i binari che erano in rovina. Qui oggi la vita continua a girare lungo il cammino puro di un sole ,che cambia il colore delle piante,che riveste gli alberi di forme mature,di frutti acerbi che stanno assaggiando le nuove temperature dell’inverno lontano ,che li ha spogliati in miseria,dove i corvi dimorano nell’intera pianura.
Tra le fucilate dei boia che si ammazzano per interessi,che sputano sangue,con i denti in mano,mentre gli fuoriescono le budella in un fazzoletto sulla terra battuta, assassinati contro un muro,mentre pascolano le mucche, morti con un occhio di fuori su una roccia, schioppettata in faccia senza paura, neanche il tempo di alzare l’anima. Non si chiedono scusa, feroci in una lotta di mafia,in una gola malata,in una caverna introvabile, dove ci sono pagine di tragedia e di storie di gente seppellite ovunque,fatti sparire con intere auto.
Sì, ricordo era il 1983, del 3 di dicembre , quando proprio un ingegnere elettronico manfredoniano, di nome Tonino Vitulano,in un giorno di grandissima tempesta di un mare che arrivava a schizzare le nubi ed il vento forte fischiava il finimondo a freddo da non poter percorrere un passo. Ebbene lui, quel giorno, dopo essere appena tornato da Bologna da qualche settimana..in quella maledetta mattina visto male dall’invidia doveva recarsi a Vieste
per un importante parere tecnico,visto che doveva dirigere anche quel lavoro per qualche anno. Per appunto partì da Manfredonia con una cinquecento d’epoca di colore rosso chiaro, si diresse alla volta della città di Vieste che lo attendeva.Ma Tonino ,non si sa se mai arrivò in quella sala del Comune per quel lavoro. Si fece sera ed a casa lo aspettavano ma lui non arrivava,allarme alla Polizia ma così anche per il Comando dei Carabinieri. L’indomani iniziarono a setacciare punto per punto della zona di terra di bosco e di mare dai sommozzatori esperti ,e così per mesi e ancora mesi . Ma sparì nel nulla lui e la sua auto piccola. Oggi l’ho ricordato, dopo 38 anni dalla sua scomparsa.. nessuno e poco hanno parlato, mai nessuno ha visto niente, mai di quelle ossa che ormai fioriscono foglie di piante del campo del cielo terreno.
Articolo Di Claudio Castriotta