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Colpita senza sapere come: le parole di una manfredoniana che ha lottato contro il coronavirus

Come stai? “Meglio, molto meglio”. Lei è di Manfredonia, ma vive fuori, dove lavora. La voce è ferma e chiara, una conquista, pensando che all’inizio del calvario non riusciva a parlare, ma solo ad emettere rantolii indistinguibili.

Ce l’ha fatta, ma è ancora in ospedale, in attesa del risultato del terzo tampone. A distanza, suo marito lotta ancora per vincere la battaglia contro il nemico invisibile. Si sentono grazie all’aiuto di un’infermiera che sembra una partigiana d’altri tempi, mentre di nascosto fa la spola da un reparto all’altro e li mette in contatto col suo cellulare.

Ma come hai fatto a prendere il Coronavirus? La domanda può sembrare banale, ma la curiosità è troppa. Prima di ammalarsi, era stata a Manfredonia, ma anche a San Giovanni Rotondo. Quando sono comparsi i sintomi, però, troppi giorni secondo lei erano passati. “Non coincide”, dice…, e non so se risponde a me o lo dice a se stessa.

Anche se, mi chiedo, cos’è che coincide in tutta l’assurda storia di questa ‘maledetta primavera’? Un’epidemia che comincia nella lontanissima Cina e poi esplode in Italia e che come in un film 3D sembra essere uscita dal televisore per mandare in subbuglio le nostre tranquille esistenze.

Eravamo felici e non lo sapevamo. Questa frase pronunciata da Rosario Fiorello sabato scorso prima del suo show mi ha fatto riflettere.“Non ne ho la minima idea di come ho preso il Coronavirus”, risponde poi all’improvviso, dicendosi sicura di non aver frequentato o di essere stata a contatto con nessuno che lo avesse né in famiglia né al lavoro. Infatti, inizialmente incredula, ha aspettato alcuni giorni prima di recarsi in ospedale, dov’è giunta quando ormai non si teneva più nemmeno in piedi.

Possibile? Mi chiedo e le chiedo. Allora mi racconta dei suoi nuovi amici ed amiche, incontrati al pre-triage o nelle stanze dell’ospedale in cui è ora ricoverata. Nessuno di loro sa darsi una risposta. Non lo sa il carabiniere, non lo sa la casalinga, non lo sa l’anziano. Sono in tanti nel reparto Covid-19, ognuno col suo viaggio e ognuno diverso, come canta il grande Vasco. Eppure tutti uniti da un destino beffardo, che li ha colti alle spalle togliendo loro improvvisamente il respiro, fino a catapultarli in un letto d’ospedale.

E penso a tutti quelli che, probabilmente pensando di essere immuni o che “a me è impossibile” oppure “io vado solo da mia suocera” o “vado solo a prendere un po’ d’aria” o ancora “io esco solo per fare la spesa”, non si rendono conto che ogni volta che aprono la porta di casa sono il bersaglio mobile di un nemico spietato, che può colpire ciascuno di noi in qualsiasi momento.“Posso raccontarlo?”, le chiedo. “Certo”.

Poi ci salutiamo, con la promessa che ci sentiremo presto. Anche se ora si sente molto meglio, le occorreranno mesi per guarire completamente, perché questa terribile influenza colpisce entrambi i polmoni in maniera inimmaginabile e se riesci a sconfiggerlo, ci vuole ancora tempo prima di recuperare in pieno. Il suo pensiero, però, è ora tutto rivolto al marito. “Ci sentiamo presto, e mi dirai che anche tuo marito ce l’ha fatta”.

Un lungo silenzio… e ci salutiamo. E mi sembra di vederla, mentre assorta in preghiera (com’è solita fare) sbircia per vedere se arriva quell’angelo in camice che possa portarle notizie rubate…

Maria Teresa Valente

Foto di Errico Tomaiuolo

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Maria Teresa Valente

Giornalista pubblicista dal 2000 ed impiegata, esercita anche l’attività di mamma full time di due splendidi e vivacissimi bambini: Vanessa e Domenico. È nata e cresciuta a Manfredonia (FG), sulle rive dell’omonimo Golfo, nelle cui acque intinge quotidianamente la sua penna ed i suoi pensieri. Collabora con diverse testate ed ha diretto vari giornali di Capitanata, tra cui, per 10 anni, Manfredonia.net, il primo quotidiano on line del nord della Puglia. Laureata in Lettere Moderne con una tesi sull’immigrazione, ha conseguito un master in Comunicazione Politica ed è appassionata di storia. Per nove anni è stata responsabile dell’Ufficio di Gabinetto del Sindaco di Manfredonia. Ancora indecisa se un giorno vorrebbe rinascere nei panni di Oriana Fallaci o in quelli di Monica Bellucci, nel frattempo indossa con piacere i suoi comodissimi jeans, sorseggiando caffè nero bollente davanti alla tastiera, mentre scrive accompagnata dalla favolosa musica degli anni ‘70 e ‘80.

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