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Calza dei morti, quando ci affacciavamo nel negozio dei dolciumi

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Calza dei morti, quando ci affacciavamo nel negozio dei dolciumi

Ecco le nostre radici e le nostre strade, le sento nelle vene, come l’aria che mi tiene il cuore dalla voglia di uscire fuori dai tentacoli della gente di malafede, con il passo rilassato per raccogliere ogni odore nella mente a quando ero fanciullo. Quando ero fanciullo e passavo dinanzi ad uno storico negozio di Manfredonia, quello duoi suoi colori e odori commoventi di tenera atmosfera paesana, quella di una vita oramai passata e cambiata.

Tra una tra circa una decina di giorni – ricorre la festività di “Tutti i Santi e la commemorazione dei Cari Defunti”. L’emozione che si provava allora era di brividi e di grande attesa, aspettare la calza che la notte del primo di novembre veniva appesa al muro ad un chiodino, fatta in casa. Ricordo la gioia al risveglio dei giorni dei morti come si usava dire, e come si usa dire tutt’ora oggi, ma con la sua usanza oltraggiata da un evento non appartenente alla nostra fede religiosa: la cosiddetta festa di Halloween.

Ma cosa c’entra con le nostri origini questo vento di moda dal sapore dello scialbo assoluto, motore di vita delle cose futili. Certo che i cambiamenti di cattivo gusto, in questo luogo come in altri dell’Italia più alta, sono all’ordine dello svoltare l’angolo.

La nostra festa era fondata alle origini di quella nebbiolina nel periodo dei morti che invadeva il cielo più chiuso mentre gli alberi davano l’ossigeno più puro dei mattini che si aspettava la fesa dei primi due giorni del novembre più lieve, della riflessione pacata con lo sfoggio del via vai per la via principale del Corso.

Io osservo ancora, anche se poco, ma conservo la grazia attraverso quella vecchia immagine della strana umidità fatta di visite e di preghiere.

di Claudio Castriotta

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