Attualità Capitanata

‘U Cambe Sante de Pïse

Il Campo Santo di Pisa

Questo articolo parlerà di Manfredonia, ma non direttamente. Voglio raccontarvi di un capolavoro dell’arte, il Campo Santo di Pisa, che ha ispirato la lingua italiana e il dialetto manfredoniano. L’espressione camposanto nacque a Pisa per indicare il cimitero monumentale. L’uso della parola è attestato per la prima volta nella fine del Duecento, e fino alla prima metà del Quattrocento non ha riscontro fuori dai confini pisani. Solo in seguito si diffuse in tutta Italia e divenne l’espressione dialettale per indicare il cimitero cristiano: ‘u cambesante.

Similmente a quanto avvenne attorno alla cattedrale di Manfredonia nella fine del Seicento, quattro secoli prima, si accalcarono numerose sepolture sui terreni nei pressi del Duomo di Pisa. La Città fu costretta a trovare una soluzione per ristabilire il decoro della piazza, oggi nota come Campo dei Miracoli. Iniziò la costruzione del cimitero, che si protrasse per diversi secoli. Il nome di Campo Santo è legato alle vicende della Repubblica marinara di Pisa, ed è dovuto alla terra del Calvario di cui sarebbe zollato il cortile interno del cimitero. Secondo la tradizione, la terra santa fu portata dalle navi pisane di ritorno dalla Terza Crociata.

La storia costruttiva del Campo Santo è decisamente complessa. L’edificio pervenutoci, restaurato dagli ingenti danni causati dai bombardamenti americani del 1944, è apparentemente semplice. Il Campo Santo si stende sul lato nord del Campo dei Miracoli, come un fondo di marmo bianco al complesso del Duomo, del Campanile e del Battistero. La pianta è apparentemente rettangolare, con il lato lungo in rapporto di tre con il corto. Gli ingressi dalla Piazza sono due. Gli ingressi si presentano come vuoti inseriti in una serie di 43 arcate di cui, per sottrazione, 41 cieche. All’interno, il Campo Santo si presenta come un chiostro dai camminamenti perimetrali coperti e pavimentati da una fitta scacchiera di sepolture. Il cammino è scandito dalle arcate gotiche aperte sulla terra santa del prato scoperto. Il prato è interrotto da due camminamenti colleganti i lati lunghi del cimitero, e disposti lungo delle direttrici che dai due ingressi si esauriscono sulle due cappelle poste sul lato opposto della fabbrica. Sul lato orientale si innesta la Cappella del Pozzo, la cui cupola è visibile oltre le mura della città.   

Il complesso colto dalla rapida osservazione è semplicissimo: una pianta rettangolare con diverse viste simmetriche, nulla di più falso. Il Campo Santo una follia tecnica, non c’è un muro che sia in squadra con un altro. L’occhio che si aggira per quei corridoi è smarrito, un ordine apparente è smascherato dall’osservazione più attenta. Il Campo Santo è incommensurabile, nel senso matematico e architettonico della parola, è privo di proporzioni ordinatrici riconoscibili. Se sarete in viaggio a Pisa, provate a camminare lungo la facciata meridionale, contate i vostri passi e seguite gli archi ciechi, non esiste una legge che descriva l’incontro tra i piedi e i pilastri. È un fatto sconvolgente, come quando davanti allo specchio scopriamo l’asimmetria del nostro viso. John Ruskin immaginava in quelle imprecisioni tecniche l’euforia dei fabbricatori non attenti a questioni di poco conto, consci di essere al servizio di idee ben più alte. Il Campo Santo è una delle più grandi lezioni della Architettura, è una interpretazione della vita cristiana, dell’esistenza priva di ordine visibile ma non di un Principio Ordinatore. Il Campo Santo parla della Parola, in cui l’opera è sublimata dall’idea artistica nella cui obbedienza lavorarono gli artefici. Una peculiarità del Campo Santo è che non si tratta di un insieme di fabbriche come ogni altro cimitero, ma di una sola opera compiuta su scala architettonica. L’Architettura è arte dello spazio, ma lo spazio è per gli uomini vivi, ai morti sono sufficienti le dimensioni di una bara.  Esistono tre modi per camminare sui pavimenti lastricati dalle pietre funerarie del Campo Santo. Il primo modo è quello del turista che distrattamente cammina senza badare alle sepolture, schiamazzando di tanto in tanto. Il secondo modo è quello del baciapile, un cammino con bruschi cambi di direzione da novanta gradi, nel timore di mettere la scarpa là dove giace qualcuno. Il terzo modo è quello dell’uomo che pensa alla morte. Il chiostro è il più grande amico del pensiero e il terzo uomo ha capito che il Campo Santo è per quei vivi che non fuggono la fine, può camminare sulle sepolture perché sono lì per lui e non è lui a essere lì per loro. Nel frattempo pensa, ha ancora tanto da pensare.      

  

Bibliografia

E. Tolaini, Campo Santo di Pisa. Progetto e cantiere, Pisa, Edizioni ETS, 2008.

J. Ruskin, Le sette lampade dell’architettura, Milano, Jaca Book, 2016.

I. Arrosti, Croniche di Pisa, Pisa, Pacini Editore, 2016.

P. D’Achille, Camposanto, Enciclopedia dell’Arte Medievale, Roma,Treccani, 1993,

https://www.treccani.it/enciclopedia/camposanto_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/,

consultato il 31/10/2021.

F. Rinaldi, Il culto per i morti a Manfredonia, «IlSipontino.net», 2021,

https://www.ilsipontino.net/il-culto-per-i-morti-a-manfredonia-di-franco-rinaldi-4/,

consultato il 31/10/2021.

M. T. Valente, Il Cimitero di Piazza Duomo, «STATO quotidiano», “online”, 2019,

https://www.statoquotidiano.it/02/11/2019/manfredonia-il-cimitero-di-piazza-duomo/704707/ , consultato il 31/10/2021.

Fotografie

F. Fontana, Vita nova, raccolta di fotografie realizzate nel cimitero monumentale di Staglieno (Genova), Albissola Marina, Vanillaedizioni, 2014.

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