Storia

Scuola Orsini: da Ospedale a Seminario a Caserma. Qui studiò il Santo che inventò la Via Crucis

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(di Maria Teresa Valente ✍️)

Valicando l’ingresso della scuola Orsini, da subito si comincia a respirare profumo di storia. L’edificio nacque in tempi molto antichi, quasi subito dopo la nascita della città di Manfredonia, ed inizialmente venne utilizzato come luogo di ospitalità, in particolare per i pellegrini che giungevano a far visita alla grotta di San Michele Arcangelo.

Un’importante testimonianza dell’esistenza di questo edificio ci viene dalla vita di Santa Brigida di Svezia, che qui soggiornò per qualche giorno nel 1372. Curiosità storiche: a quei tempi erano ancora ben visibili le macerie e i resti dell’antica Siponto distrutta dal terremoto nel secolo precedente. Santa Brigida, attuale patrona d’Europa, dopo essere stata da San Michele volle vederle e ne rimase così colpita che, in una delle sue famose visioni, Cristo le rivelò di aver voluto distruggere Siponto poiché un luogo svergognato, peccaminoso e vizioso, e Dio era sdegnato per il comportamento dei suoi abitanti.

Nel 1678 l’attivissimo arcivescovo sipontino Vincenzo Maria Orsini, divenuto poi papa con il nome di Benedetto XIII, decise di dare all’edificio ormai vecchio ed obsoleto nuove forme e di istituirvi il Seminario. Fu perfezionato da vari arcivescovi ed in particolare da Monsignor Francesco Rivera (1742-1777) che vi aprì uno studentato e ne affidò la direzione-guida ai Padri Scolopi.

Qui studiarono illustri personaggi, tra cui l’avvocato, poeta, sindaco di Manfredonia nel 1807-08 e deputato nel Parlamento partenopeo Gian Tommaso Giordani, ed addirittura un santo. E già, perché proprio qui studiò nel Settecento San Pompilio Maria Pirrotti che ha introdotto pratiche religiose vive ancora oggi, come la Via Crucis, ed al quale nel 2010, terzo centenario della nascita, è stato dedicato un intero anno giubilare.

I padri Scolopi vi rimasero fino al 1807 quando, nel periodo napoleonico, furono disciolte le corporazioni religiose e l’edificio fu incamerato dal Comune di Manfredonia che lo concesse alla curia arcivescovile per farne un istituto educativo. Nel 1860 fu occupato ad uso di caserma, ma dopo alterne vicende la caserma venne chiusa e i locali divennero sede di scuola dell’infanzia, per persone abbienti e meno abbienti. E dei bimbi meno fortunati si prendevano cura le suore di San Francesco da Paola, che li accudivano come mamme.

Durante la guerra l’edificio fu adibito a luogo di primo soccorso e qui giungevano feriti anche dai paesi limitrofi. Divenne la prima sede del Liceo Classico di Manfredonia e dal 1999 è ufficialmente scuola materna ed elementare intitolata all’arcivescovo Vincenzo Maria Orsini.

L’insegnante Rosa Decembrino, che mi ha accompagnata a visitare la scuola pochi anni fa, con le sue preziose descrizioni ha squarciato il velo del tempo e mi è sembrato quasi di vedere, attraverso le sue parole, i bimbi nei dormitori e le suore che lavavano a mano ogni giorno decine di panni sulla veranda, all’ombra di una palma altissima e secolare che svetta ancora oggi nel giardino interno.

L’Orsini, un edificio ricco di storia e di storie. E l’auspicio è che d’ora in poi potremo tutti guardare questa scuola con occhi diversi.

Maria Teresa Valente

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Maria Teresa Valente

Giornalista pubblicista dal 2000 ed impiegata, esercita anche l’attività di mamma full time di due splendidi e vivacissimi bambini: Vanessa e Domenico. È nata e cresciuta a Manfredonia (FG), sulle rive dell’omonimo Golfo, nelle cui acque intinge quotidianamente la sua penna ed i suoi pensieri. Collabora con diverse testate ed ha diretto vari giornali di Capitanata, tra cui, per 10 anni, Manfredonia.net, il primo quotidiano on line del nord della Puglia. Laureata in Lettere Moderne con una tesi sull’immigrazione, ha conseguito un master in Comunicazione Politica ed è appassionata di storia. Per nove anni è stata responsabile dell’Ufficio di Gabinetto del Sindaco di Manfredonia. Ancora indecisa se un giorno vorrebbe rinascere nei panni di Oriana Fallaci o in quelli di Monica Bellucci, nel frattempo indossa con piacere i suoi comodissimi jeans, sorseggiando caffè nero bollente davanti alla tastiera, mentre scrive accompagnata dalla favolosa musica degli anni ‘70 e ‘80.

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