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Ritorna in libreria “Storia di Franco”, il libro di Maria Marcone su suo fratello Francesco, ucciso a Foggia dalla mafia

Maria Marcone è stata una delle scrittrici pugliesi più apprezzate del panorama letterario della seconda metà del Novecento. Nacque a Foggia il 7 aprile del 1931. Nel 1967 pubblica il suo primo romanzo: “Le strade vuote”, Cappelli, che viene accolto subito favorevolmente. Dopo quell’esordio, Marcone ha continuato a scrivere romanzi e racconti, riuscendo a diventare una voce influente della letteratura meridionale. Il suo sguardo è stato sempre molto affilato e realista rispetto alla vita familiare, le relazioni personali, l’identità femminile e il suo Meridione. La sua opera maggiore, pubblicata da Feltrinelli nel 1977, è “Analisi di Famiglia”. I suoi temi narrativi hanno affrontato soprattutto le crisi del ruolo femminile nella famiglia patriarcale, soprattutto in un Sud fortemente ancorato alla cultura patriarcale, rurale, maschile. 

Nel 1995, però, è vita di Maria Marcone a costringere la letteratura a cambiare sguardo, orizzonte, impegno. Un terribile evento, infatti, sconvolge la sua vita e ne produce una nuova svolta. Il 31 marzo del 1995, a Foggia, viene ucciso dalla criminalità foggiana suo fratello, Francesco Marcone, il direttore dell’ufficio del registro del comune capoluogo. Maria reagisce a quel trauma dando alle stampe due volumi di denuncia molto importanti: “Storia di Franco” e “Processo alla città”.

Il primo volume, “Storia di Franco”, che racconta la vita di Francesco Marcone, l’Ambrosoli del Sud secondo il giornalista Alessandro Leogrande, è ritornato in libreria ieri – grazie al lavoro della casa editrice La Meridiana – dopo ben ventiquattro anni. 

A celebrare questo ritorno è stato Mario Desiati, fresco vincitore del Premio Strega che ha scritto la prefazione della nuova edizione del romanzo. “Con questo pubblicazione – scrive Desiati – torna in libreria la nostra scrittrice più dolce e spietata. Una narratrice che ha visto bene la distanza che c’è tra ombra e luce, e come una maestra italiana della pittura è riuscita a dar l’equilibrio sublime tra il chiaro e scuro, facendolo vivere e perdurare nelle storie che restano ai lettori”. 

E ancora: “È la storia di un trauma, e di un dolore, e la Marcone lo fa, mettendo in luce quello che c’è stato prima. “Massima informazione e minimo ingombro” scriveva Primo Levi, a volte si può dare nome alle cose, senza descriverle, ma semplicemente raccontandone l’essenza della loro memoria. Questa essenza non si riesce ad afferrare perché la memoria è per sua natura fuggevole, è fatta di passato e presente, il presente della scrittura della Marcone e il passato della vita di Franco”.

I figli di Francesco, Daniela e Paolo, nel postfazione del romanzo, hanno scritto: “Non possiamo modificare il finale della storia di Franco, ma siamo consapevoli di quanto gli è stato successo e della solitudine in cui ha vissuto il suo impegno, abbiamo la possibilità, nel presente, di essere comunità capace di accompagnare coloro che, tra mille paure ed incertezze, scelgono di denunciare il grande come il piccolo malaffare”. 

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