Quando Rino Gaetano morì all’alba del 2 giugno 1981
Manfredonia – SULLE ali delle sue parole scomode, morì giovane a soli 31 anni… lui, sull’atteggiamento di chi stava anticipando i tempi in modo veloce quasi vorace, soffiava come un solfeggio di vita già vissuta; parole le sue che erano come pietre da scaraventare addosso ad ogni stato di denuncia, si era lasciato prendere da tutto ciò ch’era irrazionale,sulle onde della povera gente, emarginati e sfruttati, proprio con quelle sue parole, superato gli inizi molto difficili, per poter iniziare ad incidere dischi, nel momento più di notorietà Rino cantava il malcontento, ironizzava personalità importanti e sicché per questo motivo era sempre ed esclusivamente mal visto.
Sulle note della sua musica a dir poco al solo ascolto poteva sembrare al detto di certi critici a volte banale, ma non lo era affatto, anzi tutto il contrario più delle volte in quelle poche note creava vere melodie davvero originali. Sulle ali di far tornare a cantare Rino, colui il quale venne più di una volta a Manfredonia, ma i manfredoniani non lo sanno, e non si sono mai chiesti perché la sua canzone “Agapito Malteni il Ferroviere”, come lo chiamavo io, che di ferrovia ci bazzicavo quasi ogni giorno.
Ha Agapito una sonorità di Rino molto suggestiva e particolare, lui Agapito giovane macchinista di origine calabrese, abitava a Manfredonia zona Stazione Campagna, luogo all’epoca non molto frequentato, parliamo del ’74. La sua tratta che svolgeva come lavoro con il suo locomotore era per il più delle volte quello per Roma. Così Gaetano ha lasciato un segno nel nostro paese e che quindi va ricordato per il grande autore che è stato che lo è tuttora oggi, scoperto da migliaia di giovani e di ogni generazione.
Torna a cantare per Manfredonia, lui che è stato tra gli scomodi degli scomodi, lui che un giorno lo hanno lasciato morire in un tacere omertoso ed era l’alba del 2 di giugno 1981- che non si è mai potuto capire,che non si è mai voluto accertare,per quale causa o ragione ancora non so.
Articolo di Claudio Castriotta