Storia

Quando Giovanni si lanciò in quelle acque del Golfo (1977)

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Manfredonia – LA velatura di aprile, ghiacciava il sole pallido sulle onde che di sonno quieto si comprimeva tra il mare e il cielo di gocce, con un vento discreto, il giorno stancava il ritmo pesante del tempo,sbadigliava sulle lancette meridiane,il tocco dell’ora, che appena scoccava nell’inerzia e pigrizia il suo motore sempre in avaria si fermava e partiva.

I gabbiani lanciavano degli strilli fortissimi di malumore come passeri intorno alle antenne dei tetti del paese

, che salivano e scendevano,dal loro becco, qualcuno, perdeva un tozzo di pane, altri si inseguivano. Verso mezzogiorno il sole iniziava a liberarsi a irradiare la città di forte luce intensa. Manfredonia eccola,sorridere a trentadue denti su una bocca intrisa di schiettezza e credenza popolare. Quella mattina in Viale Sipontino all’epoca del bar ‘Buccino’oggi Viale Aldo Moro. Erano credo gli anni settantasette,proprio accanto a quel bar, c’era un negozio di un signore che vendeva mangimi per terreni in agricoltura, in mezzo a queste due attività commerciali, in uno spazio d i muro ,si intratteneva sempre Giovanni,si appoggiava tutti i giorni alla facciata del palazzo con la sua vecchia bici; aveva un’età un po’ più di sessanta.

Questa era la sua devozione spesso,a quell’ora solare. Giovanni era un signore un po’ malato, esile e nero di carnagione proprio come un Libico ,portava attaccata al pantalone all’altezza delle caviglie ,due mollette per stendere i panni per tenerlo stretto così, da non far impigliare nella catena della bici. Giovanni stava di casa presso una sorella pare in Via Enrico Toti dove,col suo cappellino di lana usciva tutte le mattine per le vie del mercatino rionale della Croce poi,girava con la sua bici sul molo e alla fine tornava ad appoggiarsi al suo amato muro e al suo chiodino che gli faceva da attaccapanni.

Lui non faceva male a una mosca e il suo dialogo personale era un continuo mormorare silenzioso masticato in faccia all’aria –  qualcuno a dire il vero gli rompeva le scatole e qualche volta scattava; anche perché lo facevano arrabbiare;spesso però stava zitto nella sua lentezza e riflessione. Non so in quale mese dell’anno che io non vidi più Giovanni – ma credo che era primavera … con la sua giacchetta appesa al chiodo. E proprio in una di quelle mattine, Giovanni con la sua bici si buttò nelle acque del porto affondando pesantemente nell’abisso scuro marino,in quel profondo fondo di un Purgatorio dell’abisso sipontino –

di un mare senza destino ,dove i coralli lo coprirono di bianco e di ghirlande e lo strascicò lungo un corteo di pesci del Golfo di lutto.

  Di Claudio Castriotta

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