Perché la tradizione delle fave cotte nel giorno di Santa Lucia
Manfredonia – LA mamma iniziava la mattina a cucinare le fave. Pentola enorme, lenta cottura, come voleva la tradizione. Era il 13 dicembre del 1978, il giorno di Santa Lucia, protettrice della vista e degli occhi.Santa Lucia ERA raffigurata con due occhi su una specie di piattino bianco posato nella mano destra, nella sinistra un piccolo ramo di palma. Come ha scritto il poeta toscano Piero Bargellini: “esistono iscrizioni” che testimoniano una fervida e remota devozione per la martire, come un culto passato.
La mamma – intorno alle otto – una volta riempito di profumo le stanze, spegneva le fiamme della cucina e lasciava riposare le fave nell’acqua ancora bollente. Dunque si recava nella chiesa di San Francesco dove la statua della Santa era esposta in devozione; in ogni ora della giornata si diceva la messa fino a sera, mentre nella chiesa di San Benedetto si ospitavano i fedeli della santa esposta ai devoti.
Nella tradizione sipontina le fave riportano metaforicamente agli occhi, la piccola palma rappresenta il simbolo del rispetto tra i cittadini, dunque tra le popolazioni.
Di Claudio Castriotta