Attualità Capitanata

Nessuno porta fiori a Nicoletta: la tomba abbandonata nella basilica dimenticata

Quando io non potrò più portare un fiore su questa tomba e non potrò versare più una lacrima per quell’amore perduto: o voi che passerete davanti a questa lapide, fermatevi. E deponete un fiore perché la fragranza e la bellezza di quell’amore duri sempre nel tempo.

Parole struggenti degne di un grande amore. E se pensate sia una storia d’altri tempi, avete indovinato. La frase è riportata su una lapide all’interno della Basilica di Siponto ed è posta sulla tomba della nobildonna manfredoniana Nicoletta Margiotti, morta nel 1813, senza aver ancora compiuto 22 anni, dopo quattro mesi di malattia.

Suo marito, il patrizio beneventano Camillo De Simeoni, volle seppellire l’amata consorte, che lo stesso descrive come “devota a Dio, pia verso i poveri e dai modi dolcissimi”, nella sua terra natia e, come si usava allora, all’interno di una chiesa. Come ultimo gesto d’amore, quasi a voler porre l’amata moglie sotto la protezione di Maria SS. di Siponto, scelse la basilica.

Alla fine della lapide si legge: “O viandante, dona alla tomba un fiore e alle ceneri una lacrima”.

La lapide all’interno della Basilica di Siponto, dedicata da Camillo De Simeoni all’amata moglie

Purtroppo, caro Camillo, ormai da anni nessuno più può soffermarsi sulla tomba della tua amata Nicoletta, poiché il portone della basilica è chiuso ai ‘viandanti’. Di tanto in tanto la chiesa apre per qualche matrimonio, ma le rare eccezioni non rendono lustro ad uno dei gioielli storici ed architettonici più belli della Puglia, riconosciuto punto d’incontro tra le culture d’Oriente e Occidente.

E non ci sono più fiori e preghiere neanche per Nicola De Altilia, strappato ad anni 20, mesi 6 e giorni 2 all’affetto dei genitori ‘ormai non più genitori’ (come si legge sulla lapide) o per il piccolo Lorenzo Imperati, morto a soli tre anni, che “il papà e la mamma cercano tra le lacrime”.

Storie struggenti di vite passate, incastonate nella basilica di Siponto e forse sconosciute a tanti, ma entrate a far parte, da oltre due secoli, di questo magnifico monumento. E se queste vite sono state ‘rapite’ dalla morte agli affetti dei loro cari, la basilica è stata rapita dalla burocrazia ai manfredoniani e ai turisti ormai da diversi anni. Troppi. Un vero peccato.

di Maria Teresa Valente

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Maria Teresa Valente

Giornalista pubblicista dal 2000 ed impiegata, esercita anche l’attività di mamma full time di due splendidi e vivacissimi bambini: Vanessa e Domenico. È nata e cresciuta a Manfredonia (FG), sulle rive dell’omonimo Golfo, nelle cui acque intinge quotidianamente la sua penna ed i suoi pensieri. Collabora con diverse testate ed ha diretto vari giornali di Capitanata, tra cui, per 10 anni, Manfredonia.net, il primo quotidiano on line del nord della Puglia. Laureata in Lettere Moderne con una tesi sull’immigrazione, ha conseguito un master in Comunicazione Politica ed è appassionata di storia. Per nove anni è stata responsabile dell’Ufficio di Gabinetto del Sindaco di Manfredonia. Ancora indecisa se un giorno vorrebbe rinascere nei panni di Oriana Fallaci o in quelli di Monica Bellucci, nel frattempo indossa con piacere i suoi comodissimi jeans, sorseggiando caffè nero bollente davanti alla tastiera, mentre scrive accompagnata dalla favolosa musica degli anni ‘70 e ‘80.

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