Attualità Capitanata

La pace proibita di Michele Santoro è (anche) un attacco alla NATO

Per tre ore, da Teatro Ghione di Roma e in diretta su molte piattaforme televisive e social, Michele Santoro ha gridato il verbo della sua Pace Proibita, l’iniziativa che si è svolta ieri per offrire un punto di vista differente sul conflitto in Ucraina. Il conduttore televisivo, che in queste settimane con svariate ospitate in tv ha potuto dire la sua versione sull’attacco della Russia nei confronti dell’Ucraina, ieri ha riunito giornalisti, scrittori, artisti e intellettuali per costruire un movimento pacifista visibile e rumoroso nel dibattito pubblico. 

Nonostante a volte si sia confuso il tono della serata, con attacchi frontali più alla Nato che a Putin, quasi tutti hanno ribadito la propria contrarietà all’invio di armi per la resistenza del popolo ucraino. Luciana Castellina, ad esempio, ha ribadito che “se entrano in campo le forze nella Nato, si va a uno scontro mondiale, che può diventare nucleare. Non c’è guerra senza bombe e senza morti”. Sullo stesso palco, in collegamento, il generale Fabio Mini ha dichiarato: “Non mi preoccupo di quelli che annunciano una guerra nucleare, ma di quelli che la negano. Oggi che la soglia nucleare è stata abbassata a livello tattico, essa è possibile, anzi è probabile”. 

La serata, che ha visto anche gli interventi di Fiorella Mannoia, Elio Germano, Sabina Guzzanti, Donatella Di Cesare e Carlo Freccero, è stata organizzata per opporre una parola di pace alla retorica bellicista che, secondo gli intervenuti, condiziona le decisioni dell’Italia. “Siamo imbevuti di militarismo”, ha detto Jasmine Cristallo delle Sardine. “Stiamo umanizzando la guerra, anziché escluderla dal nostro orizzonte culturale e politico. La cultura di guerra è stata instillata a punto tale da prevedere, per chi non vi si adegua, liste di proscrizione a mezzo stampa”.

Nonostante la parola pace al centro del discorso, in molti hanno criticato la manifestazione come confusa, incapace di articolare un pensiero obiettivo e coerente. Ribadire la contrarietà all’aumento delle spese militari, non significa non riconoscere le responsabilità dell’aggressore – in questo caso Putin, nascoste per tutta la durata dall’evento dalla denuncia delle responsabilità, ad oggi non chiare per lo specifico conflitto, della Nato e dell’Occidente. 

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