La condivisione massiccia di immagini dei propri figli sui social, è un fenomeno che necessita di molta attenzione

Cos’è lo sharenting e cosa implica
Basta fare un giro su Instagram, Facebook, Tik Tok per trovare tantissimi post di mamme e papà – ma soprattutto mamme, rilevano i primi studi al riguardo – che pubblicano foto e video della loro prole in quantità massicce, senza filtri, consegnando alla propria ‘bolla’ social momenti intimi e scatti rubati della quotidianità. Bambini che mangiano, che fanno il bagnetto, che giocano, che dormono, che cantano, che ballano, che si mettono le dita nel naso. Foto tenere, spesso buffe, che fanno letteralmente impazzire i followers (chi è così senza cuore da non mettere un like al pupo che gattona?), ma che portano con sé vari dubbi etici, e anche qualche preoccupazione.
Per parlare di sharenting occorre toccare molti tasti. Cominciamo dai numeri: secondo uno studio della Northumbria University, più dell’80% dei bambini britannici è presente online entro i due anni di vita. Prima del quinto anno di età un bambino ha circa 1500 foto sul web. Una ricerca commissionata da ParentZone sottolinea che il 32% dei genitori pubblica tra le 11 e le 20 foto del proprio figlio o figlia al mese. Il 28% di loro non si è mai posto il problema di chiedere ai figli il consenso. Tuttavia, quando questi bambini cresceranno potrebbero non gradire la loro presenza online, e soprattutto il modo in cui il genitore avrà narrato la loro vita. Una volta adulti, potrebbe essere difficile, se non impossibile, crearsi un’identità digitale propria, e usare i social come meglio credono. Ci sarà sempre una foto di loro sul vasino, o con le mani impiastricciate di marmellata. O, peggio, ci sarà sempre quel post in cui la mamma parlava di quel problema, o di quel momento importante. Questa narrazione, per quanto fatta con le migliori intenzioni, è destinata a rimanere per sempre appiccicata all’identità digitale dei futuri adulti. “Una volta in rete le informazioni, i video e le foto non solo diventano a disposizione di tutti ma non possono più essere eliminate del tutto; per questo un uso disfunzionale dei social può essere deleterio e pericoloso, per i genitori e per i figli” suggerisce la psichiatra Adelia Lucattini.
Il parere della psicoanalista
“Sebbene lo sharenting possa sembrare la semplice estensione social della classica abitudine dei genitori di mostrare album di foto, di parlare dei successi dei propri figli o di raccontare buffi aneddoti a parenti e amici, ci sono una serie di sfaccettature legate al pubblico dominio delle informazioni che lo rendono un fenomeno che necessita di particolare attenzione” spiega Lucattini. “Si posta tanto per bisogno di non perdere i ricordi, per l’angoscia del tempo che fugge, per la paura di dimenticare il primo sorriso. I genitori pubblicano per aiutarsi a ricordare la loro vita, i momenti belli” riflette la psicoanalista “dimenticando però che le immagini diventano di dominio pubblico, e non sono in grado di prevedere la reazione di chi le vedrà. L’intenzione è buona, il risultato potenzialmente pessimo. I figli purtroppo vedono molto spesso solo il risultato”.
Molti genitori si ritengono i legittimi ‘gestori’ della privacy dei figli, ma quando questi bambini diventano adolescenti possono desiderare di riaverla. Non a caso, cominciano a far notizia le prime cause intentate da figli verso i genitori che si rifiutano di rimuovere le loro foto da Facebook. Il New York Times ha chiesto ad alcuni ragazzi di confrontare le proprie mamme su questo argomento in un divertente ma emblematico video: nessuna di loro, inizialmente, si rendeva conto di quale fosse il problema.
“I social ci hanno portato alla sovraesposizione mediatica, ma un conto è sovraesporre sé stessi, un altro è farlo con terzi. I bambini spesso non sanno che loro immagini riservate sono state postate dai genitori, quando poi ne diventano consapevoli potrebbero sentire violata la loro intimità. Occhi indiscreti hanno la possibilità di scrutare nel loro privato, e non è difficile immaginare che possano provare vergogna. Questo potrebbe influire sulla relazione coi genitori stessi e rendere difficile un rapporto sereno ed equilibrato con loro. Ed è la migliore delle ipotesi” sottolinea la psicoanalista “perché significa che il processo di differenziazione dai genitori, necessario per lo sviluppo dei bambini, sta avvenendo, stanno crescendo e diventando adolescenti consapevoli, sufficientemente strutturati e forti da potersi opporre e ribellare.”
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