Il vento – di Giacomo Salvemini
Il vento soffia da ostro vento scollato dal corpo
Non era mai stata lunga la stagione
Ogni tanto sì un cadavere un peschereccio
Affondato per una mareggiata improvvisa
Al traverso da greco-levante il ruba-anime
Del golfo infatuato di triglie d’aspro e
Seppie del mare spartito a san giuseppe
Tirato a sorte(?) in quell’ufficio graduato
Non ho fatto in tempo a pescare col coppo
La ragione che la fame non mente
Il mare non respira
Chi mi salverà dalle spalle curve sulla lampara
Le labbra incrostate di sbuffi di remi
Parlano di mare le voci alla luce delle sigarette accese
Dicono che le sirene non esistono ma si sentono
Quando si vestono del golfo insieme a plastica
Cordame reti di mitili copertoni
Il gioco è spiaggiato con la parola affamata
Non c’è più filippo
Chissà quando rinascerà
O quando uscirà dalla festa di compleanno
Avrò la sorpresa di abbracciare il timido e selvaggio
Di appena 17anni
Il numero che mi rincorre nella pancia il numero
Che mi diede vita dal cordone ombelicale a cui sono ancora
Attaccato
Pesco il ricordo il femminile ricco di uova
Le minnuzze sono floride turgide
Perché la morte l’ha rincorsa da un aneurisma cerebrale
Era giovane piena di amarezze però sapeva ballare tra le braccia
Del suo valentino maestro di tango e di quadriglia
Sì l’ho visto il suo viso frantumato col fiore in bocca della sincerità
Non ho mai scritto dei suoi raggi e del profumo in giro per la casa
Francescana
Non oso imbattermi nella sua verità troppo giusta troppo onesta
Il mio errore più grave
Non averla amata abbastanza asciugato le sue lacrime quando
Mi chiamava