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GarganodaScoprire: “Segni di maestranza muratoria sulla torre campanaria di Monte Sant’Angelo”

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SEGNI DI MAESTRANZA MURATORIA SULLA TORRE CAMPANARIA DI MONTE SANT’ANGELO

Per raccontare la storia del campanile del Santuario di Monte Sant’Angelo diamo voce alle parole di Ciro Angelillis, di un pregiato articolo dedicato alla torre campanaria:

“Si tratta, invero, di un edificio di stile diverso e ben distinto in origine dalle fabbriche della Chiesa: a cui solo in seguito fu collegato a mezzo di alcuni stabili privati di nessun interesse; inoltre è un’opera monumentale ordinata da un Sovrano, Carlo I d’Angiò, re di Napoli, donde spesso l’appellativo di Torre angioina o Campanile angioino dato alla torre campanaria, infine anche per la sua forma e i dettagli assolutamente originali, merita di essere illustrato come ente a sè prescindendo da ogni sua soggezione, come può dirsi del Campanile fiorentino di Giotto, del Campanile di Venezia, della Torre pendente di Pisa.”

È un vero e proprio monolito di pietra ben lavorato che, a guardare nei dettagli, nasconde indizi e simboli interessanti. Ma continuiamo con l’Angelillis:

“Come già si è accennato, la costruzione fu ordinata dal re di Napoli Carlo I d’Angiò. Questo Sovrano, conquistato il trono, dopo aver sconfitto il prode Re Manfredi a Benevento, cercò d’ingraziarsi di buonora i paesi prediletti della Casa Sveva, fra cui non era secondo Monte Sant’Angelo; e, bigotto com’era, rivolse le sue cure al nostro Santuario dedicato a San Michele, al cui patrocinio egli credè di dover attribuire le vittorie riportate sui suoi nemici. Ordinò così per prima una più comoda strada di accesso al sacro monte, fece poi eseguire varie costruzioni per la Chiesa dell’Arcangelo, e da ultimo fece erigere il Campanile. Fra gli architetti del tempo si annoveravano i fratelli Giordano e Marando già noti e rinomati per essere stati a servizio degli Svevi ed educati alla migliore scuola d’arte e nativi essi stessi di Montesantangelo … L’epigrafe in caratteri gotici, scolpita su di una lapide che sormonta il primo piano della torre, ci fa conoscere vari dati relativi al tempo e alle circostanze dell’opera. In essa si legge:

TEMPORE QUO CHRISTUS CARNEM DE VIRGINE SUMPSIT ANNO DOMINI MCCLXXIIII SUB PONTIFICATU GREGORII X PROSPERE REGNANTE DOMINO CAROLO REGE SICILIE ARCHIDIACONO SUADENTE FELICE COEPTUM HOC OPUS PROTOMAGISTRO IORDANO ET MARANDO FRATRE EIUS ENTE XXVII MARCII HORA PRIMA SOLIS SECUNDE INDICTIONIS.”

Trad. “Nell’anno 1274 dal tempo dell’incarnazione di Cristo sotto il Pontificato di Gregorio X, regnando prosperamente Carlo Re di Sicilia, a premura dell’Arcidiacono Felice, fu iniziata quest’opera dal protomagistro Giordano e suo fratello Marando il giorno 27 marzo nella prima ora del sole, seconda indizione.”

E ancora: “Allorchè i due artisti garganici (di cui il preminente in verità fu Giordano, detto appunto protomagistro) furono invitati ad affrontare il disegno ed a dirigere l’opera, il compito che loro s’imponeva era duplice: 1) erigere un blocco di massa muraria che dominasse l’alta e libera vetta del Promontorio; 2) evocare allo sguardo degli umani un senso improvviso e gradito di forza e a un tempo stesso di grazia e di bellezza. I due Maestri si accinsero di buona lena alla particolare impresa.”

Tradizione vuole anche che i due Maestri abbiano partecipato al progetto delle torri di Castel del Monte.

Ma veniamo alla simbologia muratoria: “… tra le cornici di separazione fra un piano e l’altro, e propriamente fra il secondo e il terzo, un meraviglioso fregio o cornicione, su cui una teoria di mensole a pieno aggetto offre in tutto il suo giro impronte di scalpello e rappresentazioni svariate di vaghi fiori e foglie e pomi e scacchiere e nastri e nodi e disegni geometrici o fantastici. A completare quest’opera magistrale non potevano mancare ancora altri elementi, tra cui l’inclusione di una tal policromia (oggi appena rilevabile) nella pietra tasselliforme, detta breccia corallina, per adornare l’arco e la lunetta dell’accennata porticina d’ingresso, pietra che fu adoperata anche nelle torri di Castel del Monte: e soprattutto la leggiadria di finestre modellate con finezza aristocratica, di cui, tralasciando la monofora aperta sull’alto dell’entrata, di pretto carattere romanico, ci rimangono tre esemplari sul giro del cornicione, ma di esse una sola è completa, diligentemente restaurata.”

Sul cornicione troviamo, appunto, simboli muratori come la Squadra e il Compasso ma anche la Scacchiera. I primi due sono assai noti per soffermarsi sul loro significato in questa sede; la Scacchiera, come simbolo muratorio, richiama le fondamenta del Tempio e l’unione di tutte le maestranze e l’universalità della loro arte.

Nella parte sommitale, come indicato nel cerchio rosso in foto, abbiamo individuato un segno lapicida ancora visibile a forma di clessidra stilizzata, praticamente identico ad alcuni segni presenti nell’Abbazia di Càlena a Peschici.

Ma il segno più interessante si trova alla base della torre campanaria, entrando nel cortile di accesso al Santuario sulla destra ad altezza d’uomo: è il famoso “Quatre de chiffre”, ritrovato tra i segni lapicidi in molti edifici sacri. Ha la forma di un 4 stilizzato come il nome suggerisce e possiede un significato esoterico importante. Non tutte le sue valenze sono chiare ma, a esempio, secondo il noto esoterista francese René Guénon il simbolo del “Quatre de chiffre” o come lui stesso lo definisce, il ”marchio”, rappresenterebbe un segno distintivo del grado di “Maestro” appartenente a una qualche organizzazione di una certa importanza: trovarlo inciso potrebbe quindi rappresentare il passaggio, in quel luogo, di un “maestro” appartenente a un ordine molto potente, che ha raggiunto un notevole grado iniziatico.

A saper leggere tra le righe, tanto c’è ancora da scoprire. Noi continuiamo a farlo.

Foto di Giovanni BARRELLA

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