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Franco Rinaldi: “La Vigilia dell’Epifania a Manfredonia”

Credenza popolare voleva che alla vigilia dell’Epifania, ultima notte in cui le Anime del Purgatorio “l’àneme u Prijatòrje” girovagavano per la città si lasciasse sulla tavola apparecchiata con una tovaglia bianca, come alla vigilia di Ognissanti, una pagnottella di pane, un coltello, un bicchiere con acqua santa, una palma benedetta e un lumino acceso a olio, perché le anime sante del Purgatorio si rifocillassero in occasione della loro visita nelle case dei parenti. “…Le anime del Purgatorio…, come scrisse il prof. Lorenzo Prencipe, cultore delle tradizioni popolari di Manfredonia, sul Corriere del Golfo di alcuni anni fa, in un articolo intitolato: “Pasqua Epifania mai venisse”, …vaganti per la Città, in ogni dove, dal giorno di Tutti i Santi e libere temporaneamente dalle pene, con l’approssimarsi della vigilia dell’Epifania erano consapevoli di intraprendere il triste e mesto ritorno nelle loro tombe…”.

Mi ricordo quando eravamo bambini, che mia madre, alla vigilia dell’Epifania, dopo aver imbandito il tavolo in cucina, ci mandava presto a letto. Prima di addormentarci ci diceva di recitare per tre volte “l’eterno riposo” per le anime del Purgatorio e ci intimava di restare sotto le coperte e di non alzarsi durante la notte per la paura di poterci imbattere con le anime del Purgatorio vaganti dei parenti. Per la verità, alcuni di noi (eravamo otto figli) per la paura di alzarci dal letto facevamo la pipì nel letto, con il conseguente “pagliatòne” assicurato da nostra madre. Credenza vuole che le Anime del Purgatorio riunite in processione nella notte alla vigilia dell’Epifania, mestamente facevano il loro ritorno al camposanto.

Al detto “Pasquabbufanìje tutte i feste pegghiene vije” (Pasqua Epifania tutte le feste vanno via) seguiva il rito serioso allorquando le schiere di ombre “l’aneme u Prejatorje” a capo chino, pareva che implorassero dicendo: “Tutte i feste jessene e venèssere, ma Pasquabbufanìje mé venesse” (Tutte le feste andassero e venissero, ma Pasqua Epifania mai venisse) mentre si dirigevano verso il cimitero. Lo storico sipontino avv. Matteo Spinelli così ci tramanda alcune notizie relativa alla Festa dell’Epifania: “…Si celebrava dai Padri Minori con civili della nostra moderna Siponto per inveterata usanza nella loro chiesa la festa della notte dell’Epifania per cui vi è stato siccome evvi ancora un’accellente pittura sopra un legno rappresentante il santo Presepio, la quale nell’eccidio di Manfredonia nell’anno 1620 dai turchi fu rotta in più parti a forza di sassate e ferri taglienti…”.

Tra le superstizioni a Manfredonia della vigilia dell’Epifania “a bbufanìje” va sicuramente ricordata quella delle zitelle che a tarda ora interpretavano l’oroscopo del loro avvenire intonando all’aperto un’antica filastrocca: ”Sanda notte, Sanda dije, Sanda Pasquabbufanìje, famme vedì la sorta meje, me ‘mbressione pe la conde a ogni persone” (Santa notte, Santo giorno, Santa Pasqua Epifania, fammi vedere la sorte mia, mi impressiona per la conta ogni persona). Sempre le ragazze nubili in cerca di marito, all’aperto per manifestarlo a tutti, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, dando le spalle alla strada, lanciavano in aria un pugno d’orzo recitando un’antica nenia: “bbefena, bbefene, stanotte manneme ‘nzunne chi me vole, m’eme o m’amasse nu gran segnore…iette fore tutte sta fatije” (Befana, Befana, questa notte mandami in sogno chi mi ama, mi ama e mi amasse un gran signore, butto fuori tutto sto lavoro (l’orzo).

Durante il periodo fascista, nella comunità Sipontina il giorno della festa della Befana i gerarchi locali consegnavano i doni ai figli degli iscritti al partito di Mussolini. La banda cittadina, in quel giorno, dopo aver effettuato il servizio musicale per le vie cittadine concludeva la sua esibizione nei pressi del luogo ospitante la manifestazione di beneficenza. La Festa si svolgeva in un locale di corso Manfredi al civico 179, già sede della Camera del Lavoro, chiusa il 30 ottobre 1922, quando un gruppo di fascisti locali fece irruzione nella sede del sindacato dei lavoratori, ponendo tutto sotto sequestro e sostituendola con una sezione sindacale fascista. La celebrazione della Festa della Befana ha avuto luogo negli anni ’50 anche presso la Compagnia Portuale “Felice Muscatiello” dove i figli dei portuali ricevevano doni in quel giorno; in quella occasione presso la Chiesa Stella Maris, nel salone delle suore, ai figli degli iscritti all’Azione Cattolica e ai ragazzi di famiglie povere della Parrocchia venivano offerti dei regali. La Festa della Befana negli anni ’60 è stata ripristinata dal presidente dell’Associazione Artigiani “Maria SS. di Siponto” Tonino Conoscitore, sotto il nome di “Befana degli Artigiani”. Durante questa Festa, tenuta fino al 2013, sono stati consegnati doni ai figli degli artigiani e riconoscimenti agli artigiani più anziani per l’attività svolta nel corso della loro vita lavorativa.

Il giorno dell’Epifania, ultimo giorno in cui si consumano i dolci natalizi, è in voga il detto: ”Pasquabbufanìje tutte i feste pegghjene vuje” (Pasqua Epifania tutte le feste prendono il via) oppure “alla bbufanìje tutte i pettele vanne vuje” (all’Epifania tutte le pettole vanno via). Era consuetudine in loco che chi nasceva il giorno dell’Epifania mettevano il nome di “Epifania” o il doppio nome come “Francesca-Epifania”, ora quasi in disuso. Il 6 gennaio dell’era cristiana del terzo millennio convergono, si fondono e sopravvivono tante Epifanie: c’è l’Epifania del nuovo anno solare e quella di Gesù; c’è l’Epifania di Madre Natura e quella della Befana; c’è infine l’Epifania della vergine innamorata e quella dell’albero della vita. Tutte però hanno una radice comune: ogni Epifania è l’avvio e il concreto manifestarsi di un nuovo ciclo, di una nuova vita che coinvolge l’intero universo, come scrisse Raffaele Macina in un suo articolo apparso su “La Repubblica” di domenica 6 gennaio 2002.

La Befana personificazione dell’Epifania, è un essere raffigurato come una vecchia accidentata che vola su una mazza di scopa, e che porta doni ai bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio. La tradizione si perde nella notte dei tempi, forse pagana, ed è stata rinnovata nel mondo cristiano in coincidenza con la Festa dei Re Magi recanti doni a Gesù. La liturgia cristiana occidentale, celebra oggi l’Epifania come la manifestazione di Dio agli uomini nel suo figlio, del Cristo ai Magi. Questa festa nata in Oriente, risalente al II sec. d.C., celebrava il battesimo di Gesù. Il suo nome deriva dal greco Epiphània (significava apparizione o rivelazione) che diventa in seguito Pifania, poi Bifania ed infine Befana, che non è altro che una deformazione di Epifania. Era tradizione disfare il presepio allestito nelle chiese, in casa o nelle botteghe artigianali il giorno successivo all’Epifania. Questo rito, un tempo, era preceduto da una breve processione con le candele, un canto di Natale e il bacio finale al Bambinello, prima di smontare il presepe. In tutte le chiese, invece, il Bambinello posto sull’altare maggiore alla venerazione dei fedeli, durante il rito religioso della vigilia di Natale, viene rimosso il giorno seguente il suo Battesimo che la Chiesa celebra la prima domenica dopo l’Epifania.

Nel presepio allestito in casa, i Re Magi che solitamente si posizionavano lontani dalla Natività, il giorno della Befana, si spostavano vicino la grotta di Gesù. A casa di mia madre, quando eravamo bambini, quel giorno, i poveri Re Magi “i venevene i delure de chepe” subivano continui spostamenti di scena, fino a quando interveniva mia madre spazientita dicendo: ”I Re Magge hanne stè llà e nelli tucchete cchiò, senò ce ‘nguiote Gesu Bommine” (I Re Magi devono stare là e non li toccate più, altrimenti si inquieta Gesù Bambino”.

 

Franco Rinaldi

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