Attualità Capitanata

“Donne, se avete i soldi, andate da Domenico”

Sfogliando le pagine della storia ci si imbatte in eventi a volte lieti ed altri drammatici, in aneddoti simpatici o in racconti pittoreschi. L’incontro con il ‘banditore’ è sicuramente a metà strada tra la storia ed il folclore sipontino e ci riporta ad un passato verace, colorito ed ormai lontano, ma non per questo da dimenticare.

Facendo un salto indietro di circa sessant’anni, troviamo a Manfredonia u bbannajule, ovvero colui che dopo il rullo del tamburo bandisce (lùccule) a voce alta ordinanze, avvisi o scadenze, e che propaganda merci in vendita degli ambulanti o ‘pubblicizza’ attività commerciali.

Per noi manfredoniani, come racconta Giuseppe Antonio Gentile nel suo libro ‘Arti e mestieri a Manfredonia’, era anche colui che durante le febbri malariche informava la popolazione di ritirare il chinino presso il Comune, comunicava il giorno della vaccinazione obbligatoria ed altre notizie del Sindaco.

L’ultimo banditore comunale di Manfredonia è stato Antonio Potito, soprannominato Gòbbalamamme o Melone. U bbannajule girò per i vari rioni di Manfredonia fino alla fine degli anni ‘50, quando l’analfabetismo la faceva ancora da padrone ed una larga fascia della popolazione non sapeva leggere giornali e manifesti; si fermava agli angoli delle strade e dopo un rullo del tamburo, nel più rigoroso linguaggio dialettale, gridava ai quattro venti prima il messaggio che gli era stato commissionato dall’Amministrazione comunale e a seguire quelli dei privati cittadini.

Le tappe e i punti in cui fermarsi per eseguire il bando erano stabilite a priori, scelte lì dove poteva confluire più gente e l’ascolto era migliore.

A seguire alcuni dei ‘bandi’ di Manfredonia raccolti dal lavoro certosino di Gentile nel secolo scorso.

Cjucchetille o fatte i scagghjuzze e Gjuannine vènne lu vine (Ciucchitiello -proprietario di una piccola industria casereccia in via Capitano Valente n. 66- ha fatto le frittelle di polenta e Giovannino vende il vino).
Trepeddòzze vènne l’alòzze e Giuannòzze l’acque du pòzze (Trepeddòzze -soprannome di una donna che vendeva il pesce in largo del Teatro Vecchio- vende i merluzzi e Giovannina -una donna che vendeva l’acqua nel Cortile del pozzo n. 3- l’acqua del pozzo).
Fèmmene mbellettète e zzetèelle sfrundéte, se bbèlle vulite parì jète da Menechine se tenute li carrine (Donne eleganti e zitelle civettuole se belle volete apparire, andate da Domenico, se avete i soldi -Domenico Bisceglie era un orefice-).
Pezzinde e ffetinde, currite da Nuculine a Cuprative a ccattè u prevelone a ppalle e na bbona savezicchia fòrte (Pezzenti e fetenti correte da Nicolino della Cooperativa -Nicola Mondelli, che gestiva la salumeria della Cooperativa combattenti 1915-1918 di cui poi divenne proprietario- a comprare il provolone a palla e una buona salsiccia forte).
Vicchie zzarre e jjùmmene avére scappéte da Pechésce lu varvire ca còste come ajjìre (Stravecchi arrabbiati e uomini avari andate da Pichescia -il barbiere Matteo Nenna che aveva la bottega in via Campanile- che pagherete come ieri).
Uagnune, uagnune sendute! U segnore nòbbele Sindeche nustre v’avvèrte ca jì arrevéte u timbe di nnèstre e che dòn Duviche v’aspètte pu bbuche (Giovani, giovani sentite! Il signor nobile Sindaco nostro vi avverte che è giunto il tempo della vaccinazione e che don Ludovico vi aspetta per farvi l’iniezione).

Certo, di tempo ne è passato e ormai le comunicazioni sono alla portata di tutti con un clic sui propri cellulari, eppure sembra quasi di vederlo il banditore all’incrocio tra corso Manfredi e piazza del Popolo: rullo di tamburi e dopo il classico “Udite, udite“ le donne interrompono le faccende di casa ed aprono le finestre o escono sull’uscio, i bambini vengono zittiti per poter meglio ascoltare e gli uomini gli si affollano intorno. E la magia di un racconto tramandato riapre una pagina della nostra storia.

Maria Teresa Valente

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Redazione

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