Don Andrea Pupilla di San Severo contro Soumahoro: “Accende fuochi. Consigliai a Fratoianni di non candidarlo”

Sulla figura di Aboubakar Soumahoro, onorevole eletto il 25 settembre nell’alleanza Verdi-Sinistra Italiana, si stanno concentrando in questi giorni molte testimonianze contrastanti. Dopo l’esplosione del caso che vede coinvolte sua suocera e sua moglie nella mala gestione dei centri di accoglienza, questa mattina don Andrea Pupilla, responsabile della Caritas di San Severo ha commentato all’Adnkronos alcuni dettagli sull’operato nel neo Onorevole.
Don Andrea si scaglia senza nascondersi contro Soumahoro, protagonista negli ultimi anni di molte iniziative in Capitanata per la tutela dei migranti. “L’attività di Soumahoro nei campi del foggiano, solo virtuale e tesa ad accendere fuochi, non l’abbiamo denunciata ora”, spiega il prete. “Quando è stato candidato, ho scritto personalmente a Nicola Fratoianni in privato, dicendogli che stavano facendo un autogol ma naturalmente non mi ha risposto: evidentemente ha prevalso il racconto virtuale del leader di una nuova sinistra. Nel virtuale molte cose sono costruite e artefatte ma poi la realtà è diversa. Noi nella realtà ci siamo da tempo, nel virtuale non ci rifugiamo”.
Il prete di Capitanata spiega e dà conto delle tante polemiche di Soumahoro contro la gestione di Torretta Antonacci, uno dei ghetti dei migranti della provincia di Foggia. “Siamo stati accusati da Soumahoro, la nostra e altre organizzazioni, sindacati, associazioni di lucrare nei campi dei migranti. Sentire questi attacchi e sapere poi dell’inchiesta sulle cooperative gestite dalla moglie e dalla suocera mi ha amareggiato. Il suo atteggiamento è stato per lo meno incoerente”.
Per Pupilla il clima di nervosismo che si respira in quel ghetto è stato alimentato dallo stesso Soumahoro. “Negli ultimi tempi si respira grande tensione e non è facile lavorare, anche grazie a lui”, spiega. “Soumahoro non ha accusato noi direttamente di aver lucrato ma lo hanno fatto persone che facevano capo a lui e che poi si sono dissociate, iniziando percorsi autonomi, e con le quali ci siamo scontrati qualche volta e poi riappacificati. Stare dietro a tutte queste cose distoglie dalle attività, quando già è difficile seguire persone che hanno dei bisogni e delle necessità”.