Storia

D’Annunzio Gabriele, l’Arcitaliano, prima parte

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D’Annunzio Gabriele, l’Arcitaliano
I Parte

di Giovanni Ognissanti

D’Annunzio l’italiano tra gli italiani, una personalità poliedrica, profonda, fuori dalle regole e dagli schemi. Forse troppo per una società ancora “lenta” di inizio XX secolo, e probabilmente ancora oggi, nella società liquida del confusionario inizio XXI secolo.
Albertazzi lo ha definito il più Lucreziano tra i poeti (per l’utilizzo di una vasta gamma di similitudini e per le vie d’accesso alla felicità, dove per felicità s’intende l’atarassia, cioè liberazione dalle paure e dai turbamenti).
La storia lo ha definito il Comandante (era ufficiale di mare e di aria). Noi analizzeremo questo ultimo sostantivo, perchè Gabriele D’Annunzio (già Rapagnetta) da Pescara, guidò un gruppo di 2600 nazionalisti irregolari in seguito definiti “legionari”, da Ronghi a Fiume, alle bocche del Quarnaro, dove finiva l’Italia geografica citata anche dal sommo Durante di Alighiero (…ch’Italia chiude e i suoi termini bagna – Inferno Canto IX, canto 113-114).
Gabriele D’Annunzio, prende possesso in Tarsatica, ovvero San Vito al Fiume (desueto), ovvero Fiume il 12 settembre 1919 e conseguentemente venne proclamata l’annessione della città al Regno d’Italia.
I riferimenti toponomastici di Fiume, fanno comunque tutti richiamo al corso d’acqua Eneo che attraversa l’abitato. Nel periodo dal 1924 al 1941 il basso corso dell’Eneo segnava il confine tra l’Italia e la Jugoslavia, separando la città prevalentemente italofonia di Fiume dal quartiere slavofono di Sussak.
Gli Italioti di allora non capirono appieno l’importanza di quell’impresa, che fu il colmo di una vicenda paradossale passata alla storia come la cosiddetta vittoria mutilata.
Dopo la prima guerra mondiale l’Italia era rappresentata alla conferenza di pace di Parigi da un politico non avvezzo ai tavoli internazionali. Wilson, il presidente americano intervenuto in itinere nella guerra, non riconosceva all’Italia la giurisdizione sull’Adriatico e quindi sulla Dalmazia, che invece i patti pre bellici tra Francia ed Inghilterra attribuivano al nostro Regno, e cioè l’applicazione integrale del Patto di Londra che prevedeva l’annessione del Trentino, del sud Tirolo fino al Brennero, della Venezia Giulia, dell’Istria e di parte della Dalmazia con diverse isole adriatiche.


Quei Italianissimi territori (salvo il sud Titolo che non è mai stato di etnia italiana) erano appartenuti alla Repubblica di Venezia, ma il congresso di Vienna del 1814 l’incorporò nell’impero austriaco.
La Francia appoggiò i piani di Wilson (doveva riprendersi l’Alsazia e la Lorena) che disse: “Le modifiche della frontiera italiana dovranno essere decise sulla base di criteri nazionali, chiaramente riconoscibili”, in base al cosiddetto principio dell’autodeterminazione dei popoli.
Rimase solo l’Inghilterra a dare una mano all’Italia che ebbe in cambio unicamente la città di Zara (aspettavano di riunirsi alla madre patria, Sebenico, Fiume, Lissa, Lagosta, Arbe, Veglia).
I legionari speravano di migliorare la posizione negoziale dell’Italia, ma il governo per evitare un ulteriore conflitto contro il Regno dei Serbi-Croati-Sloveni, e quindi contro gli USA, non riconobbe la presa. Il generale Badoglio (sempre lui, il maresciallissimo dei Savoia, pronto sempre a mettere una pezza) fu incaricato da Vittorio Emanuele III ad assediare il nascente piccolo Stato.

Proclamazione della Reggenza italiana del Carnaro.
Nel frattempo la città di Fiume ed il suo territorio ebbero modo di sperimentare una carta costituzionale innovativa per l’epoca e cioè la cosiddetta La Carta del Carnaro (detta anche, in latino, Charta Quarnerina) scritta dal sindacalista socialista Alceste de Ambris e rielaborata nella forma ma non nella sostanza da Gabriele D’Annunzio, e da lui promulgata l’8 settembre 1920 a Fiume durante gli ultimi mesi dell’impresa fiumana.

Prima novità della Charta, è il lavoro come principio primo e le autonomie locali, come presupposto sostanziale di uno Stato: Art. 2 – La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta, che ha per base il lavoro produttivo e come criterio organico le più larghe autonomie funzionali e locali.

Altra novazione: Art. 5 – La Costituzione garantisce inoltre a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, l’istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l’assistenza in caso di malattia o d’involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia, l’uso dei beni legittimamente acquistati, l’inviolabilità del domicilio, l’habeas corpus (la sussistenza di precisi presupposti giuridici per poter limitare la libertà di una persona), il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o di abuso di potere… bellissimo, pensate tutto questo avveniva cento anni fa!.

La Carta ha una matrice che discende dall’interventismo di sinistra dei Fasci rivoluzionari d’azione internazionalista, ma soprattutto dal sindacalismo rivoluzionario di Alceste de Ambris (attenzione, i fascisti gli privarono della cittadinanza italiana e gli comunicarono la confisca dei pochi beni posseduti in Italia), Filippo Corridoni (fondatore dell’Unione Sindacale) e Vittorio Picelli (antifascista, esule in Francia nel 1924) e che in parte si ritrova altresì in forma non originale nel Manifesto dei Fasci italiani di combattimento di piazza San Sepolcro (sansepolcrismo, Sala riunioni del Circolo dell’Alleanza Industriale in Piazza San Sepolcro a Milano).

Tra l’inverno e l’estate 1920 le trattative internazionali elaborarono per Fiume una soluzione di compromesso, ovvero la trasformazione della città contesa in uno Stato indipendente. Il progetto faceva leva sulla secolare autonomia di cui Fiume aveva goduto sotto gli Asburgo.
Ma la città aveva già una sua autonomia con i dannunziani che occupavano e decisero di anticipare la costituzione dello Stato libero.
L’8 settembre 1920 dichiararono Fiume stato indipendente in attesa di essere annesso all’Italia. Chiamarono questa entità provvisoria “Reggenza Italiana del Carnaro”. D’Annunzio proclamò il nuovo Stato in un comizio pubblico al balcone del palazzo del Governo. In quell’occasione disse alla folla dei suoi sostenitori: «La vostra vittoria è in voi. […] Domando alla Città di vita un atto di vita. Fondiamo in Fiume d’Italia, nella Marca Orientale d’Italia, lo Stato Libero del Carnaro.»
(Dal discorso di D’Annunzio del 12 agosto 1920 in cui proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro)

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