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Dalla gigantesca campana di Manfredonia furono realizzate le campane della Basilica di San Nicola a Bari

Con lo scampanìo delle celebri campane della Basilica di San Nicola, il #6dicembre inizia la festa dedicata al santo patrono della città barese. Ma in quei rintocchi, c’è anche un po’ di Manfredonia.

Quando Re Manfredi decise di fondare la città che da lui prese il nome, si preoccupò di dotarla di una sorta di ‘allarme’, poiché, essendo ancora sprovvista di cinta muraria, poteva facilmente essere esposta per terra e per mare agli attacchi dei nemici. Decise così di dotarla di una campana. Non una qualsiasi: una campana enorme, i cui rintocchi dovevano sentirsi a miglia di distanza: “Ordinao che se facesse una campana grossissima che se sentisse cinquanta miglia dentro la terra, a tal che havesse potuto venire soccurso, se Manfredonia fosse stata assaltata da nimici, mentre che era poco habitata”, scrisse lo storico Matteo Spinelli, suo contemporaneo.

La campana venne realizzata, ma prima di essere montata sul Duomo ancora in costruzione della nuova città, Manfredi per testarne l’efficacia decise di andare a Foggia, ordinando che il giorno successivo alla sua partenza, alle otto di sera, la campana venisse suonata per un quarto d’ora “per volerne da lungi sentirne il rimbombo”.

Il risultato lo deluse e decise quindi di farla rifondere per aggiungere altro metallo: “et perché no’ sonava tanto forte la fece tornare a colare et iognerge chiù metallo”.

Quando nel 1266 Re Manfredi morì nella battaglia di Benevento, agli svevi subentrarono gli angioini. Carlo II, che di Manfredi voleva cancellare ogni traccia a cominciare dal nome della città, da lui ribattezzata (con poco successo) Novella Siponto, non perse occasione per disfarsi di quella campana, denominata ‘timbacca’, che era diventata famosa in tutto il regno. Avendo un difficile debito da onorare con Bari, che esigeva indietro il tesoro di San Nicola preso in ‘prestito’ da suo padre Carlo d’Angiò, decise di dare in dono alla città la ‘famosa’ campana di Manfredi, che giaceva in un angolo della chiesa della Maddalena (attuale chiesa di San Domenico).

La campana venne così trasportata a Bari il 5 novembre del 1276. I baresi furono contenti della mastodontica ‘timbacca’, ma era troppo grande per le torri della basilica di ‘San Niccolò’ e addirittura per farla entrare nella chiesa “vi fu bisogno di disfare una parte della porta maggiore”.

Rimase accantonata per alcuni anni, poi i baresi decisero di fondere questa smisurata campana per ottenerne due più piccole. Secondo la tradizione, due delle tre campane che ancora oggi sono nel campanile della chiesa di San Nicola a Bari, sono quelle ottenute dalla fusione della campana di Re Manfredi. “Si stimò espediente fonderla di nuovo, e quindi si formò quella Campana, che i Baresi chiamano Tambacca, e altre Squille”, scrisse ancora Spinelli.

Seppur scomparsa dalla sua città, la famosa campana di Re Manfredi, che per secoli divenne celebre nel Regno ed oltre con numerosi modi di dire, citazioni e racconti ad essa dedicati, continua dunque a far sentire ancora oggi i suoi rintocchi.

In fondo, Manfredi un po’ fu accontentato, dal momento che il suono della sua ‘timbacca’ s’ode oltre cinquanta miglia lontano da Manfredonia…, ed ha superato la distanza dei secoli e soprattutto della ‘gelosia’ del suo successore.

Maria Teresa Valente

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Redazione

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