Spettacolo Italia

Aldo Grasso distrugge la serie tv su Leopardi: “È una caricatura”

Nonostante il grande successo di pubblico, la fiction Leopardi - Il poeta dell'infinito ha sollevato forti polemiche.

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Nonostante il grande successo di pubblico, con oltre il 20% di share, la miniserie Leopardi – Il poeta dell’infinito ha suscitato aspre critiche, in particolare da parte di Aldo Grasso. Il noto critico televisivo non ha usato mezze parole per definire la serie andata in onda recentemente su Rai 1 una “parodia involontaria”. Diretta da Sergio Rubini e scritta da Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini, la fiction ha catturato l’attenzione di molti spettatori, ma è stata bocciata senza appello da Grasso, che sulle pagine del Corriere della Sera non ha risparmiato alcuna critica.

Aldo Grasso: il “Leopardi for dummies”

Aldo Grasso si è chiesto retoricamente: «Che cos’è, il classico “Leopardi for dummies”, un bignamino liberamente ispirato alla vita del poeta? Che cos’è, una parodia involontaria, cioè una parodia che non ha il coraggio di essere tale? Che cos’è, David Copperfield in versione recanatese, con Pietro Giordani agghindato come Zucchero Fornaciari?». La critica negativa non è finita qui, Grasso ha proseguito: «Non ho capito perché quel personaggio si chiamasse Giacomo Leopardi: è vero che c’erano tutti i luoghi comuni sul poeta […], ma mancava tutto il resto: la recitazione, la tensione narrativa, l’interpretazione intesa come la capacità di andare al cuore degli argomenti trattati e di non accontentarsi della superficie». Secondo l’ipotesi del critico televisivo, Sergio Rubini voleva probabilmente presentare ai telespettatori un Leopardi “pop”. La risposta da parte del regista non ha tardato ad arrivare.

Rubini: “Leopardi è la nostra storia”

Intervistato da Ginevra Leganza per il Foglio, Sergio Rubini ha così replicato alla critica di Aldo Grasso:  «A costo di sembrare populista, voglio dire una cosa: Leopardi è la nostra storia. È la storia d’Italia, siamo noi a doverla raccontare. Si tratta di dare valore al patrimonio italiano, di credere nel pubblico, che oggi è svolto da serie tv come la mia». Il regista è convinto di avere agito in maniera giusta e corretta e di aver creato, inoltre, un prodotto attinente al servizio pubblico: «I critici fanno i critici. Io non questiono sui giudizi di merito. Penso però, nel metodo, che la mia serie sia uno spartiacque. I critici mi stroncano, ma quello che ho fatto io è quello che dovrebbe fare la Rai: misurarsi con il mercato, con Netflix, e poi divulgare, incuriosire i giovani e meno giovani su uomini che non siano solo preti o commissari, ma anche scrittori e intellettuali».

Sergio Rubini



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