Il paradosso dei seggi elettorali: 25 ore di lavoro per una paga irrisoria

Il paradosso dei seggi elettorali: 25 ore di lavoro per una paga irrisoria
Partiamo dai fatti, perché prima di parlare bisogna fare i conti.
Uno scrutatore, il presidente e il segretario iniziano già il sabato, con almeno 2 ore dedicate alla preparazione e al controllo delle schede.
La domenica si presentano alle 7 del mattino e restano fino alle 23: sono 16 ore che, tolte le pause, diventano realisticamente 14.
Il lunedì si ricomincia alle 7 e si va avanti fino alle 15: 8 ore che, anche qui, tolte le pause, diventano 6.
Totale fino a qui: 20 ore di lavoro effettivo.
Poi arriva lo spoglio, che “se fila tutto liscio” ( e quando mai? ) richiede mediamente almeno 5 ore.
Siamo quindi a circa 25 ore di lavoro continuativo, con responsabilità penali, controllo rigoroso, documentazione, firme, burocrazia, attenzione costante e stress a palate.
Ora passiamo alla parte imbarazzante: il compenso.
Presidente di seggio: € 172,50
172,50 / 25 ore = 6,90 € l’ora
(e deve pure rispondere penalmente se qualcosa va storto)
Scrutatori e Segretari: € 138
138 / 25 ore = 5,52 € l’ora
Cinque euro e cinquantadue centesimi all’ora.
Meno di una colazione al bar.
Meno di una qualsiasi paga oraria dignitosa.
Meno del salario minimo che in questo Paese non esiste perché “tanto non serve”.
E attenzione: stiamo parlando di elezioni, un momento fondamentale della democrazia, dove tutto deve essere perfetto, trasparente, ineccepibile. Ma chi garantisce questo sistema viene pagato come se stesse facendo un lavoretto occasionale di poche ore, quando invece regge due giorni e mezzo di orari massacranti.
E allora la domanda viene spontanea:
È normale che chi ha in mano un pezzo di democrazia venga pagato meno di una qualsiasi paga oraria minima accettabile?
È normale chiedere professionalità, precisione, responsabilità penale… e poi riconoscere un compenso che definire “simbolico” è quasi un complimento?
La questione è un’altra: non si può pretendere serietà senza riconoscerla anche economicamente.
Non si può parlare di centralità del voto e poi non valorizzare chi materialmente lo rende possibile.
Non si può continuare a trattare un ruolo così delicato come se fosse una semplice formalità.
La verità è semplice:
Non è sostenibile.
Non è dignitoso.
Non è rispettoso.
Non è serio.
La democrazia vale molto di più di 6 euro l’ora.
Serve un aggiornamento dei compensi all’altezza della responsabilità che questo ruolo comporta.
Michele Arminio