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Sanremo2023 e il canto di Benigni a Mattarella: “La Costituzione ci ha liberati dalla paura”

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La prima serata della settantatreesima edizione del Festival di Sanremo entrerà nella storia. Al Teatro Ariston è arrivato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per una legittimazione culturale e artistica della canzone italiana. L’ingresso, che ha condizionato un’apertura del Festival mai così solenne e istituzionale, è stato salutato da Gianni Morandi che ha cantato con tutta la platea il Canto degli Italiani. Dopo una standing ovation, Amadeus ha salutato il Presidente: “Averla qui con noi in questo teatro dimostra la sua vicinanza al mondo dello spettacolo e della musica”. 

La presenza di Mattarella, che ha voluto omaggiare il Festival come fa spesso per altri spettacoli come la prima della Scala, è stata legata a doppio filo all’intenso monologo di Roberto Benigni che, con la sua arte e la sua poesia, ha raccontato la bellezza e la profondità della nostra Costituzione

Benigni sul palco dell’Ariston si è soffermato sugli articoli della Carta che valorizzano l’arte e la cultura. “La musica è la regina delle arti, tutte le arti tendono alla musica. A volte la musica leggere viene relegata in un posto piccolo nella storia dell’arte, ma la musica leggera ha un posto enorme nella storia sentimentale dell’umanità. Sanremo ci ha avviluppato l’anima a tutti noi, di tutte le generazioni, le canzoni sono così, ti entrano dentro. Federico Fellini ha detto che la musica è pericolosa perché ti entra dentro, ed è così, è un anello tra il concreto e l’astratto. E come dice Don Chisciotte: dove c’è la musica non ci può essere nulla di cattivo”. 

L’attore, con un Mattarella visibilmente commosso quando è stato ricordato che fra i padri costituenti c’era proprio il padre del Presidente della Repubblica, ha parlato di una carta sognata e di una carta che riflette e dona un bene preziosissimo: quello della libertà. Per farlo ha commentato l’articolo 21, quello che tutela le libertà e che ci ha liberati dall’obbligo di avere paura. 

“Dice una cosa con un linguaggio semplice che sembra scritto da un bambino: tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. E se lo hanno scritto vuol dire che ce n’era bisogno. Per me è l’architrave di tutto. Prima, durante il Ventennio fascista non si poteva pensare liberamente, e non si sarebbe potuto fare neanche il Festival di Sanremo. Ancora oggi in alcuni Paesi le persone vengono incarcerate solo perché ballano o cantano, non lontano da noi. L’unica maniera di fare qualcosa per il futuro è avere il passato sempre presente, e ricordarci che quello che abbiamo può sempre esserci tolto”.

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