Sistema endocannabinoide: cos’è e come funziona

Negli ultimi anni, la ricerca sulla cannabis, una pianta che fa parte da tempo immemore della cultura e della quotidianità dell’uomo, è stata interessata da un impulso mai visto prima. Le cose sono cambiate quando, nel 2017, l’OMS ha dichiarato che il CBD, il “cugino” meno famoso e non psicoattivo del THC, non è incluso fra le sostanze controllate.
In quel periodo, è stata approvata, in Italia, la legge sulla marijuana legale. Con l’entrata in vigore della Legge 242/2016, è di fatto iniziata, nel nostro Paese, la vendita di prodotti a base di cannabis depotenziata.
Quando li si chiama in causa, è necessario ricordare il loro essere contraddistinti da un livello di THC molto basso – compreso, come previsto dalla norma, tra lo 0,2 e lo 0,6% – e da un alto contenuto di CBD.
Tra i benefici di questo fitocannabinoide, isolato per la prima volta nel 1940, rientra la capacità di interagire con i recettori del sistema endocannabinoide.
La sua scoperta è stata una vera e propria rivoluzione per la medicina. Di cosa si tratta di preciso? Scopriamolo assieme nelle prossime righe!
Cos’è il sistema endocannabinoide
Il sistema endocannabinoide è uno dei più complessi, affascinanti e importanti del nostro corpo. Vero e proprio sistema di comunicazione tra cellule, ha il compito di mantenere l’omeostasi dell’organismo. Con il termine scientifico appena riportato, si inquadra quello stato di equilibrio interno che permane anche a fronte della variazione delle condizioni esterne.
Quando è stato scoperto?
La sua scoperta risale all’inizio degli anni ‘90. Nel 1990 per la precisione, la ricercatrice Lisa A. Matsuda ha comunicato, nel corso di una conferenza, di essere riuscita, con il suo gruppo di lavoro di esperti del National Institute of Mental Health, a codificare, analizzando il cervello di un topo da laboratorio, la sequenza genetica dei recettori sensibili al THC.
La comunicazione della Dottoressa Matsuda è stata di portata rivoluzionaria anche per un altro motivo. Nel corso dei lavori di una conferenza organizzata, nel 1990, dal team dell’Istituto di Medicina della National Academy of Science, l’esperta rese infatti noto di essere riuscita a clonare uno dei recettori sensibili al sopra citato fitocannabinoide, chiamandolo CB1.
Presente anche nel corpo umano, è formato da 47 amminoacidi disposti uno vicino all’altro e posizionati come se fossero le perle di una collana.
Due anni dopo la scoperta della Matsuda, è arrivata un’altra svolta decisiva per la ricerca sulla cannabis. Alcuni scienziati, infatti, hanno reso nota l’esistenza degli endocannabinoidi. Come dice il termine stesso, si tratta di cannabinoidi prodotti dall’organismo umano e in grado di legarsi ai medesimi recettori con cui interagisce il THC.
Il primo endocannabinoide a essere scoperto è stata l’anandamide. Con la scoperta del secondo, è stato possibile individuare anche un nuovo recettore: il CB2.
Solo i mammiferi hanno il sistema endocannabinoide?
Fino ad ora, abbiamo parlato del sistema endocannabinoide ricordando la sua presenza nel corpo umano e in quello dei topi. Fondamentale è sottolineare che non solo i mammiferi lo hanno, ma anche i pesci e gli invertebrati, per non parlare degli insetti.
La sua funzione principale, come già specificato, è il mantenimento dell’omeostasi dell’organismo. Per capire meglio questo aspetto, rammentiamo che l’autofagia cellulare, ossia il meccanismo che vede le cellule del corpo umano digerire ed eliminare i componenti citoplasmatici danneggiati, è regolato dal sistema endocannabinoide.
Questo processo è importantissimo in quanto permette, di fatto, alle cellule tumorali, quando presenti, di andare incontro a morte programmata.
A partire dalla fine degli anni ‘90, gli scienziati hanno avuto modo di approfondire anche il ruolo che il sistema endocannabinoide ha ai fini della stimolazione della neurogenesi umana. Concludiamo ricordando che gli endocannabinoidi hanno funzione protettiva e riparatrice per il cervello. Non a caso, vengono rilasciati a seguito di eventi traumatici che lo riguardano, come per esempio gli ictus.