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Sei galee veneziane del ‘300 sul fondale del Golfo di Manfredonia

Essere stata ragazzina negli anni ’80 ha i suoi pro e i suoi contro. Tra i ‘contro’ c’è sicuramente il fatto che ormai ho superato i 40; mentre tra i pro, oltre all’ebbrezza di aver provato capelli cotonati e spalline, c’è anche quella di essermi cibata di film meravigliosi che mi hanno fatto sognare mettendo in moto l’immaginazione: E.T., La storia infinita, la saga di Ritorno al futuro e… I Goonies.

Ecco, appunto, I Goonies. Avete presente quei ragazzini che vanno a caccia di un tesoro nascosto da un pirata del Seicento e lo trovano riportando alla luce un meraviglioso galeone? Quante volte negli anni ho pensato che anche qui, nel nostro golfo, potrebbero esserci navi adagiate sul fondale, magari affondate con dei tesori a bordo.

La posizione strategica di Manfredonia ha reso il nostro golfo per millenni un importante punto di arrivo e di partenza. Qui giunsero i Dauni per poi colonizzare la Capitanata, qui approdò Diomede, qui arrivarono i romani e nei secoli fu un approdo di fondamentale importanza per re, regine, principi, duchi, contesse, imperatori e persino papi.

Il golfo di Manfredonia fu anche teatro di guerra e non solo con l’arrivo delle 56 galee turche nel 1620 o durante la prima e la seconda guerra mondiale quando vennero bombardate navi e s’inabissarono aerei.

Nel Trecento la nostra città, importante scalo per il commercio del frumento, divenne protagonista (suo malgrado) della guerra di Chioggia tra le repubbliche marinare di Genova e di Venezia che ebbe luogo tra il 1378 ed il 1381. I genovesi nel 1380 avevano conquistato numerose isole della laguna veneziana, oltre a Chioggia, e minacciavano la stessa Venezia. Il valoroso ammiraglio Vettor Pisani era stato fatto arrestare per ‘incuria’ dallo stesso doge, e il governo veneziano, che si trovava in una fase disperata e delicata, nominò Taddeo Giustiniani a capo della flotta.

Ecco dunque, per una serie di vicissitudini, mosse tattiche, tempeste e fughe, che il Giustiniani giunse a Manfredonia con sei galee. E qui si apre una pagina che nel leggerla, su di un libro del Settecento che narra la storia della Repubblica di Venezia, mi è sembrato di essere a metà strada tra ‘La storia infinita’, dove il protagonista del libro era lo stesso lettore (Bastian), e I Goonies, dove la combriccola di adolescenti scopriva l’esistenza di un galeone nella propria ‘baia’.

Una volta giunto nel golfo, Giustiniani scopre di avere alle ‘calcagna’ ben venti galee genovesi. L’ammiraglio veneziano “non potendo tentare un combattimento tanto dispari, affondò le sue galee, fé scaricare i bastimenti da trasporto, mise gli equipaggi a terra dietro a ripari costrutti all’infretta. Ma il nemico gli espugnò: Giustiniani fu preso, e i veneziani avanzati alla pugna dovevano attraversare per terra tutta l’Italia per riguadagnare il loro paese”.

Dunque, scaricata la merce (il frumento) e messo al riparo l’equipaggio, pur di non far cadere le navi in mano ai nemici, Taddeo Giustiniani decise di affondare le sei navi proprio dinanzi a Manfredonia. E poi da qui con la sua ‘ciurma’ tornò via terra a Venezia. Una curiosità: liberato dal carcere a furor di popolo (cosa mai successa prima), l’ammiraglio Vettor Pisani si rimise a capo della flotta veneziana e conseguì importantissime vittorie, ma giunto a Manfredonia fu colpito dalla malaria e qui morì il 13 agosto del 1380.

Intanto, le sei galee veneziane del Trecento giacciono sul fondale di Manfredonia. Probabilmente non erano cariche di tesori o di merce preziosa, ma sono un’importante ed affascinante testimonianza delle epiche ed ardimentose battaglie navali di ben settecento anni fa e sono, per questo, esse stesse un tesoro. E chissà che la Soprintendenza non decida prima o poi di ‘sfogliare’ anche le pagine di storia conservate tra le spumeggianti onde del nostro golfo.

Maria Teresa Valente

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Redazione

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