Occupazione del suolo pubblico: ecco come si paga e chi la concede
Quando si pensa di aprire un’attività commerciale bisogna mettere in conto il rispetto di numerosi parametri. Scelte di questo tipo, infatti, portano con sé un investimento di tempo, energia e, soprattutto, denaro non indifferente e, oltre a questo, richiedono un’attenta ponderazione di ogni possibile scenario e sfaccettatura. È per questo motivo che è necessario, prima ancora di procedere, ponderare a fondo tutte le spese necessarie per il locale e il suo mantenimento, tenendo conto anche di quelle relative alle esigenze di spazio e alle necessità della clientela.
Molte attività commerciali necessitano di uno spazio esterno e spesso e volentieri hanno bisogno anche di installare dei tendoni da sole in quest’area. In merito a questi elementi è importante sapere che, al di là del fatto che sporgano o meno sul suolo pubblico, per la loro installazione è obbligatorio avere le opportune autorizzazioni. Per questa ragione è sempre consigliabile consultare dei professionisti specializzati in questo ambito attraverso Internet, ad esempio sul sito chetenda.it, o chiedere informazioni dettagliate agli uffici competenti.
In questa guida andremo a soffermarci proprio sull’occupazione del suolo pubblico e sulla tassa relativa ad essa, anche conosciuta con l’acronimo di TOSAP, che un esercente deve pagare quando occupa un’area che appartiene al territorio di un ente locale. Senza perderci in ulteriori indugi, dunque, andiamo a vedere tutto ciò che c’è da sapere sulla tassa di occupazione del suolo pubblico.
Tassa di occupazione del suolo pubblico, ecco di cosa si tratta
Da quanto affermato in precedenza possiamo facilmente evincere che la TOSAP non sia altro che un tributo che viene versato nelle casse di Comuni e Province a loro favore. Esso colpisce le occupazioni di natura generica che vengono effettuate su beni di proprietà del demanio e al patrimonio indisponibile dei Comuni e delle Province. Stiamo parlando, in quest’ultimo caso, di tutti i beni appartenenti a privati su cui, però, viene costituita per la legge una servitù di pubblico passaggio.
La normativa vigente si appella al fatto che, essendo uno spazio utile alla collettività, l’area pubblica vede il godimento dello spazio occupato ridotto dall’utilizzo del privato e, pertanto, le zone adoperate dall’esercente ed occupate a sua discrezione devono essere oggetto di tassazione. A prescindere da questi presupposti capiamo come la tassa per l’occupazione del suolo pubblico si interessi del patrimonio indisponibile degli enti locali e dei beni dello Stato, tra cui figurano strade, corsi e piazze, ad esempio.
Soggetti interessati dalla tassa di occupazione del suolo pubblico, cosa serve sapere
Possiamo leggere all’articolo 38 del D. Lgs, n. 507/93 che la tassa per l’occupazione di suolo pubblico costituisca un ordine prescrittivo per diversi soggetti passivi. Per prima cosa, identifichiamo due tipologie di presupposti all’interno dei quali trova applicazione il tributo. In primis, quando viene occupato uno spazio, sovrastante o sottostante, che appartiene, come detto, al patrimonio indisponibile del Comune o di un altro ente e, in secondo luogo, il vantaggio economico che deriva dall’occupazione.
In primo luogo, si identifica la dinamica citata come primo punto in ordine quando nell’occupazione di un bene pubblico si sottrae l’utilizzo dello stesso alla collettività e, in secondo luogo, la condizione di beneficio economico che il contribuente trae dall’adoperare il suolo pubblico stesso. È chiaro, dunque, che i soggetti passivi che sono tenuti a pagare la tassa di occupazione del suolo sono coloro che occupano il suolo pubblico. Dal punto di vista applicativo è facile identificare le parti in causa all’interno del discorso. Si tratta, in modo particolare, infatti, degli esercenti che sfruttano suolo pubblico, per l’appunto, per fini lavorativi. Ne sono un esempio locali come bar e ristoranti con sedute esterne sulla strada.