Ivano Michetti, la casa di Torpignattara occupata da 3 anni
Da oltre tre anni una donna di nome Samia occupa la casa romana di Ivano Michetti, storico volto dei Cugini di Campagna.

L’appartamento di Ivano Michetti, nel quartiere romano di Torpignattara, è diventato da oltre tre anni il centro di una storia che sembra non trovare soluzione. Tutto nasce da un regolare contratto d’affitto firmato nel 2022 con un cittadino iracheno, che poi lascia le chiavi a una conoscente. Al suo ritorno, trova un’altra donna all’interno, che ha cambiato la serratura e non intende andarsene. Nel frattempo, bollette e spese condominiali continuano a gravare sul proprietario, mentre la casa resta di fatto “bloccata”. È l’inizio di un braccio di ferro che trasforma un affitto normale in un incubo giudiziario.
La vicenda, approdata anche in televisione, è diventata un caso simbolo delle “case occupate” e della lentezza con cui le sentenze vengono eseguite.
Ivano Michetti, casa occupata a Torpignattara: chi è Samia?
Nel 2022 Michetti affittò il suo appartamento a un uomo iracheno, che pagò un canone contenuto e si trasferì con la famiglia a Torpignattara. Quando però l’inquilino dovette lasciare l’Italia per un periodo, affidò le chiavi a una sua conoscente per controllare l’alloggio. Al momento del rientro, la sorpresa: dentro la casa c’era una donna diversa, identificata come Samia, che nel frattempo aveva cambiato la serratura e presentandosi come nuova “padrona di fatto” dell’immobile.
Da quel momento, l’appartamento ha smesso di essere un normale bene in locazione, divenendo un caso di occupazione abusiva. Samia non paga l’affitto, non risulta titolare di alcun contratto regolare e, soprattutto, rifiuta ogni dialogo sulla possibilità di lasciare l’alloggio. La casa di Ivano Michetti si è così trasformata in una “zona franca” dove il diritto del proprietario resta solo sulla carta.
Nel corso del 2024 è arrivata una tappa decisiva: il Tribunale di Roma ha emesso una sentenza che ordina alla donna di riconsegnare l’immobile, restituire le chiavi e liberare l’appartamento. Avrebbe dovuto essere il punto di svolta: la giustizia ha riconosciuto formalmente le ragioni del musicista. Ma la realtà dei fatti è andata in tutt’altra direzione. Nonostante il provvedimento, Samia è rimasta dentro, non eseguendo l’ordine di rilascio e continuando a occupare la casa.
Le telecamere del programma “Fuori dal coro” hanno seguito la vicenda sul campo e documentano l’ennesimo capitolo di questa storia: Michetti si è presentato davanti al portone insieme alla polizia e agli inviati del programma, nel tentativo di far valere la sentenza. La scena che ne esce è stata surreale. L’occupante si è barricata in casa, urlando che l’appartamento è “suo”, e minacciando gli operatori di rompere la telecamera. Ha inoltre lanciato oggetti dalla finestra. In uno dei servizi viene riportato che un operatore è stato colpito alla testa e una giornalista ha ricevuto un colpo al volto. Un semplice appartamento di città è divenuto il teatro di un assedio in miniatura, con un proprietario fuori dalla porta e un’occupante che non vuole cedere di un passo.
A rendere ancora più pesante la situazione è l’aspetto economico: mentre Samia continua a vivere nell’immobile senza pagare il canone, le spese restano intestate a Michetti. Condominio, luce, gas, acqua: tutto arriva al musicista, che parla di centinaia di euro l’anno tra spese e conguagli. In più, anche solo pensare di destinare quell’appartamento ad altri utilizzi – affittarlo nuovamente, venderlo, usarlo per sé o per un familiare – diventa impossibile. La casa è sua, ma allo stesso tempo non lo è più.
Da parte sua, Ivano Michetti non nasconde la frustrazione. Nelle interviste televisive spiega che non è una questione di avere o non avere un tetto: lui, come personaggio affermato della musica italiana, non è certo senza alternative abitative. Ciò che lo fa soffrire è la sensazione di ingiustizia e di impotenza, il fatto di aver vinto una causa e di vedere però la sua vittoria svuotata dalla mancata esecuzione. “Ho fatto causa, l’ho vinta, ma lei è ancora lì” è, in sintesi, il leitmotiv delle sue dichiarazioni.
La storia della casa di Torpignattara diventa così anche un caso di coscienza collettiva: da un lato il tema – reale e delicatissimo – dell’emergenza abitativa, delle persone senza casa, dei nuclei fragili che vivono ai margini; dall’altro il diritto elementare alla proprietà privata, ai contratti rispettati, alla certezza che una sentenza abbia un effetto concreto. In mezzo, un appartamento in un quartiere romano e una convivenza impossibile, mai nata, che si trascina da anni.
Il caso Michetti mette a nudo tutte le contraddizioni di un sistema lento e farraginoso. Quando una sentenza rimane lettera morta, la fiducia nella giustizia ne esce a pezzi. E per il lettore, come per lo spettatore che segue le immagini in TV, resta una domanda amara: quante altre “case di Michetti” esistono, lontano dai riflettori, con proprietari meno noti che non hanno la forza mediatica per far sentire la propria voce?
