Il vescovo di San Severo Checchinato scrive della mafia di Foggia in un libro: “Parlare di mafia e togliere al malaffare le forze giovani”
È stato presentato ieri, presso l’Auditorium della biblioteca “La Magna Capitana” di Foggia, il primo libro di Mons. Giovanni Checchinato, vescovo della diocesi di San Severo. Il religioso, che a partire da gennaio sarà Arcivescovo Metropolita di Cosenza-Bisignano, ha presentato il suo libro dedicato alla sua esperienza di vescovo nelle terre della quarta mafia. Il libro, edito da Mondadori, ha un titolo forte: “Omelia per gli invisibili. La storia di un vescovo dove cresce la quarta mafia”.
Checchinato è arrivato a San Severo poche settimane prima del famoso mercoledì 9 agosto 2017 che segna una data tragica per la Capitanata: la mattanza della stazione di San Marco in Lamis in cui morirono due innocenti, Aurelio e Luigi Luciani. Il vescovo, in questo racconto appassionante e sentito, parla delle difficoltà e delle ricchezze della provincia di Foggia, ribaltando e smentendo quel senso di rassegnazione che regna (spesso) nei nostri territori. “Quando sento il termine ormai, mi inquieto. È un sinonimo di disfatta, di rinuncia preventiva di fronte alle difficoltà”.
Per Checchinato, che ha vissuto in Capitanata gli anni più duri e importanti di lotta alla criminalità organizzata, il segreto è la cultura e sono i giovani. “Un vescovo, ma soprattutto un prete (che è ancora più vicino al territorio), può creare qualche problema al potere mafioso quando riesce, con le attività che propone, a togliere dalla strada dei giovani che potrebbero incamminarsi verso il malaffare e la delinquenza. So che uno dei motivi per cui vennero uccisi Don Pino Puglisi a Palermo e Don Peppe Diana a Casal Di Principe fu proprio questo. Essi toglievano al controllo dei malavitosi i ragazzi poveri, gli sbandati, offrendo loro delle alternative all’illegalità”.
Il messaggio del vescovo è, dunque, chiaro. Anche la Chiesa, con le altre agenzie formative del territorio, in un contesto difficile come quello foggiano deve impegnarsi, deve sporcarsi le mani per realizzare una pace sociale in terra. “Alla chiesa, ma anche alla società civile, serve coraggio e la prima forma di coraggio è chiamare le cose con il proprio nome. Qualcuno mi ha suggerito di valutare bene se davvero volessi utilizzare la parola mafia nelle mie omelie. Per me è stato più che naturale: la procura aveva utilizzato il termine più volte, ma in quel momento credo sia stato importante usarla, quella parola. Ecco, non so se io sia coraggioso, per natura non credo, ma sono convinto che da queste parti l’avere coraggio cominci dal chiamare le cose con il proprio nome”, l’appello del vescovo Checchinato.