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Il Giovedì Santo: i Sebbóleche

Il solenne triduo pasquale della passione, morte e resurrezione di Cristo inizia nel pomeriggio del giovedì santo. La sera si celebra la messa in Cena Domini, nella quale si ricorda l’Ultima cena di Gesù, l’istituzione dell’eucaristia e del sacerdozio ministeriale, e si ripete la lavanda dei piedi effettuato da Cristo nell’Ultima cena. Alla fine della messa le croci restano velate, le campane silenti, e gli altari senza ornamenti, eccettuato l’altare della reposizione dove vengono conservate le sacre specie per l’adorazione e per la comunione del giorno seguente.

Sebbóleche

Riporto quanto spiega la preziosa Wikipedia:

“Altare della reposizione è il luogo in cui, nella liturgia cattolica, viene riposta e conservata l’Eucaristia al termine della celebrazione eucaristica del Giovedì Santo, la Messa in Coena Domini.

La Chiesa chiede che l’altare della reposizione non coincida con l’altare dove si celebra l’Eucaristia. È inoltre tradizione che nelle chiese l’altare della reposizione sia addobbati in modo solenne, con composizioni floreali o altri simboli, in omaggio all’Eucaristia che viene conservata per poter permettere la Comunione nel giorno seguente, il Venerdì Santo, ai fedeli che partecipano alla Azione liturgica della Passione del Signore; infatti il Venerdì Santo non si offre il Sacrificio della Messa, e dunque non si consacra l’Eucaristia. Inoltre la reposizione dell’Eucaristia si compie per invitare i fedeli all’adorazione nella notte tra giovedì e Venerdì Santo, in ricordo dell’istituzione di un mistero così grande e nella meditazione delle sofferenze della Passione di Cristo.

L’altare della reposizione rimane allestito fino al pomeriggio del Venerdì Santo, quando, durante la celebrazione della Passione del Signore, l’Eucaristia viene distribuita ai fedeli; se le ostie consacrate non sono state consumate interamente, esse vengono conservate non in chiesa ma in un luogo appartato, e l’altare viene dismesso, per ricordare con austerità la morte in croce di Gesù, fino al giorno seguente, quando durante la Veglia pasquale si celebra la risurrezione di Gesù.

Nella tradizione e nel linguaggio popolare gli altari della reposizione vengono comunemente chiamati “Sepolcri”. Tale terminologia è impropria, perché in essi viene riposta l’Eucaristia che la Chiesa cattolica crede essere il segno sacramentale di Gesù Cristo vivo e risorto. L’altare della reposizione non è dunque un sepolcro che simboleggia la morte di Gesù, ma un luogo in cui adorare l’Eucaristia”.

Aggiungo che veseté ‘i sebbóleche è una tradizione antichissima, che porta i fedeli a girare per diverse chiese.
Una semi-superstizione “obbliga” a visitarne in numero dispari, chissà perché. Ritengo che basti una sola, se si pensa al significato del cosiddetto “sepolcro”, per pregare intimamente.

Quando eravamo giovincelli, irridendo il significato profondo del gesto, il giovadì Santo andavamo di chiesa in chiesa a “visitare i Sepolcri” non tanto per seguire Nostro Signore, ma… per seguire le donzelle. Era un po’ blasfemo, ma presumo che a 19 anni il cervello non è proprio maturo….Parlo per me, naturalmente! Difatti all’epoca mia, la maggiore età arrivava solo al 21° anno.

J’ vesetànne ‘i sebbóleche = andare per visitare i sepolcri, è detto ironicamente quando qlcu, malvolentieri, deve fare un giro di visite di cortesia ai propri parenti.

tratto da parlamanfredoniano.

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Redazione

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