Spettacolo Italia

Fagnani a Sanremo parla di carcere e di salvezza. Poi l’attacco a Gratteri

Le prime due donne del Festival di Sanremo 2023, ovvero Chiara Ferragni e Francesca Fagnani, hanno portato sul palco dell’Ariston due monologhi molto diversi. La Ferragni ha parlato di sé e di alcune battaglie sociali, la Fagnani invece ha fatto parlare altre persone. La giornalista, oramai cult per il suo programma di interviste “Belve”, ha parlato di un tema che difficilmente entra nelle prime serate della televisione generalista: il carcere. 

Non tutte le parole sono uguali e non tutte arrivano a noi con facilità. Ci sono parole che per arrivare sul palco di Sanremo devono abbattere cancelli e muri, come queste che arrivano dal carcere minorile di Nisida, da ragazzi che non cercano la nostra pena, perché non saprebbero che farsene”,l’esordio di Fagnani. 

In un Paese sempre più giustizialista, che crede che la pena sia vendetta e non opera di rieducazione dello Stato, Fagnani ha parlato della vita in carcere e dell’obiettivo che la pena deve ritrovare: ovvero rieducare chi ha sbagliato per un reinserimento nella società (che conviene a tutti). “Il tuo futuro non è irreversibile. Se quando esci da qui rispetti la legge, superi i pregiudizi. Ma se non ce la fai e torni in carcere, quello vero, quello degli adulti, allora sì, è davvero finita. Perché in Italia, tranne qualche eccezione, il carcere serve solo a punire il colpevole, non a rieducare e tantomeno a reinserire nella società”. 

Oltre a ribadire che un elemento che può cambiare la vita di tutti, soprattutto dei più giovani, è la scuola; Fagnani ha polemizzato – pur senza nominarlo – con il magistrato Nicola Gratteri per una sua frase di qualche tempo fa pronunciata a Vieste. “Un autorevole magistrato, che coordina inchieste importanti, quest’estate in un’occasione pubblica ha detto che è contrario a uno schiaffo in carcere o in caserma, il detenuto non deve essere toccato nemmeno con un dito. Sapete perché? Non deve passare per una vittima. Ma non è così, perché non va picchiato perché lo Stato non può applicare le leggi della sopraffazione e della violenza che usano le persone che lei arresta”. 

Il finale è un auspicio e un’urgenza. “Se non faremo in modo che chi esce dal carcere sia cambiato, avremo perso tutti”. 

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